03. Profeti e profezie

03. Profeti e profezie

Di Franco Mosca

Ebr: naby', collegato al significato originario di «colui che è chiamato da Dio». La missione affidata al naby' fece sì che costui fosse considerato come «araldo, oratore (di Dio), colui che parla al posto di», anche se questi non erano i significati primitivi. Termini più rari sono: ro'eh (veggente), persona che rivelava segreti chiedendo una risposta a Dio, e chozeh (veggente, spettatore), voce indicante che il profeta «vedeva» o «percepiva» l'oracolo per rivelazione divina.

Altri termini più generici erano usati in Israele per indicare i profeti: «Servo suo (di Dio)», «uomo di Dio» (Eliseo viene chiamato così circa 35 volte nella Bibbia), «mediatore» (Is 43:27), «sentinella» (Is 56:10; Ger 6:17; Ez 3:17; 33:7 ss), «messaggero» (2Cr 36:15 ss; Is 44:26).

II greco profetes indica colui che annuncia e spiega la rivelazione divina; lo stesso termine può anche designare gli scritti profetici dell'AT (Mt 5:17; Gv 6:45 ecc). Compare anche il termine astratto profeteia e sta ad indicare la parola profetica dell'AT o un profeta cristiano; in Paolo indica anche il carisma della profezia. Profetes non significa colui che predice, bensì colui che parla a nome di un altro (Dio).

1. Antico Testamento

Si può certamente iniziare questa sezione citando un passo del NT ed esattamente Ebr 1:1: «Dio... aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti...». Fin dal principio sono stati presenti tali uomini. Già Abramo è un profeta (Gen 20:7) perché Dio lo chiama affinché mostri alla sua discendenza il sentiero di Yahweh (Gen 18:17‑19). Il testo di Es 7:1,2 ci aiuta a comprendere la funzione del profeta. In questo testo Mosè è chiamato in senso traslato Elohim (Dio) e Aronne suo naby', e il v 2 spiega che Aronne ha il compito di trasmettere a Faraone ciò che gli dirà Mosè.

Mosè è detto il più grande tra i profeti e dovrà avere dei successori (Deut 34:10). Ma al tempo dei Giudici «la parola di Dio era rara e le visioni non erano frequenti» (1Sam 3:1). Ciò nonostante compaiono la profetessa Debora (Giud 4) e altri due profeti difensori dell'ordinamento morale‑religioso (Giud 6:8;1 Sam 2:27 ss). Partendo da Samuele avremo una serie di profeti che non si interrompe più fino a dopo l'Esilio. Questi uomini suscitati da Dio ebbero il compito di ricordare al popolo le vie del Signore: il rilassamento religioso aveva condotto all'abbandono della santa legge di Dio. La vita religiosa si era ridotta ad un freddo ritualismo cui si accompagnavano la disobbedienza e l'immoralità. I profeti elevarono la loro protesta ricordando al popolo le vere priorità e l'obbedienza ai comandamenti di Dio.

I profeti si sogliono dividere in profeti scrittori e non scrittori, in profeti preesilici e post‑esilici.

Nell'ultimo periodo dei Giudici sorsero in Israele dei gruppi religiosi conosciuti col nome di «figli dei profeti» che possono considerarsi come scuole di formazione religiosa. In un certo qual modo i «figli dei profeti» mantennero vivo in Israele uno spirito di fervore religioso. Comunque essi furono gli entusiasti difensori della religione di Yahweh contro l'infiltrazione dell'idolatria; presero parte anche attivamente alla vita politica del loro paese. Tra questi troviamo personalità di spicco, come Nathan, Micaiah ben Imla, Elia ed Eliseo. Queste figure costituirono un anello di passaggio al profetismo classico rappresentato dai profeti scrittori.

A partire dal 750 a.C. circa il mondo palestinese fu sconvolto dalle invasioni dei grandi imperi del nord, prima l'Assiria poi Babilonia. In tali frangenti i «figli dei profeti» continuarono a vedere la causa di Yahweh legata alle istituzioni: la monarchia e il Tempio, mentre una nuova linea profetica vi si opponeva classificando i «figli dei profeti» come falsi profeti; erano le figure di Amos, Osea, Isaia, Geremia, ecc. Questi profeti non ebbero paura di opporsi allo stesso ambiente religioso da cui provenivano, si considerarono la bocca di Dio e nel suo nome vegliarono sul popolo.

Vocazione e messaggio del profeta.

«Il Signore Yahweh parla, chi non profetizzerà?» (Am 3:8); la vocazione è uno degli elementi caratterizzanti della vita del profeta. Geremia è stato consacrato fin dal seno materno (Ger 1:5) e dice di essere stato sedotto da Dio (20:7 ss); Ezechiele sente che la mano dell'Eterno è forte su di lui (Ez 3:14). La chiamata risveglia nel profeta la consapevolezza della sua debolezza (Ger 1:6) e del suo peccato (Is 6:5). La vocazione introduce sempre ad una missione di cui è strumento la bocca stessa del profeta che pronuncerà la parola di Dio (Ger 1:9; 15:19; Is 6:6 ss).

La trasmissione del messaggio avviene non solo mediante la parola, ma anche attraverso il gesto (Ger 28:10; 51:63,64; Ez 3:24‑5:4). Alcuni di questi atti simbolici hanno un effetto immediato: acquisto di un campo (Ger 32), infermità e angosce (Ez 4:4‑8; 12:18). La vocazione influisce persino sulla vita coniugale come nel caso di Osea. Nel periodo dell'Esilio questi segni diventano negativi, come il celibato di Geremia (16:1‑9) e la vedovanza di Ezechiele (24:15‑27). I profeti si trovarono spesso in situazioni angosciose come nel caso di Elia che fugge e chiede a Dio che lo faccia morire (1Re 19:4). La morte comunque doveva essere messa in preventivo (1Re 18:4; Ger 26:20‑23); Gesù stesso lo rammentò: « Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti...» (Mt 23:37). La morte veniva quasi vista come il corollario del ministero del profeta dal profeta: si apriva così la strada alla missione del Servo di Yahweh.

Ispirazione e rivelazione.

In momenti particolari nei quali il profeta era in contatto con Dio, lo Spirito del Signore gli parlava e gli suggeriva le parole, tanto che Davide afferma: « Lo spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua» (2Sam 23:1,2). Certo che la comunicazione dello Spirito avviene in modo oscuro e tanto più l'ispirazione; esse sono rese conoscibili solo dalla « parola». Bisogna riconoscere però che l'ispirazione non è una spinta che agisce in modo capriccioso; vi era una certa costanza nell'ispirazione attraverso la quale ci si poteva richiamare al passato; le parole scritte da Mosè nel Pentateuco erano considerate valide ed attuali e venivano citate dai profeti delle successive generazioni. I profeti citavano anche profeti anteriori, infatti il profeta Geremia cita Michea (26:18). Ogni ispirazione viene dalla volontà di Dio e si manifesta attraverso sogni e visioni, ma nella maggior parte dei casi non viene neanche accennato il modo della rivelazione e si usa semplicemente l'espressione simbolica: « Metto le mie parole nella tua bocca» (Ger 1:9).

Bisogna escludere che si tratti di intuizione o di risultati di ragionamenti umani; la rivelazione di Dio è sempre qualcosa che proviene dal di fuori. Tuttavia l'ispirazione non si sostituisce alla coscienza e alla conoscenza del profeta ridotto al ruolo di strumento passivo.

Funzioni e insegnamento.

Un uomo di Dio deve sicuramente aver avuto molti modi per influenzare la vita del suo tempo. L'ufficio profetico non impegnava quotidianamente come quello del sacerdote o dello scriba. Nei primi tempi i profeti erano consultati per questioni riguardanti la vita di tutti i giorni (a Samuele fu chiesto dal servo di Saul come trovare gli asini del suo padrone). Inoltre essi elencavano a preservavano gli avvenimenti storici nazionali (1Cr 29:29), non per un semplice rigore storico, ma piuttosto per poter insegnare ad Israele le lezioni dal suo passato e attualizzarle nella loro vita al presente.

Il compito più importante affidato al profeta era quello di servire come maestro di profonda morale e religiosità, insegnando ai contemporanei i doveri del momento e come applicare i princìpi religiosi nella vita di tutti i giorni. Mentre trasmetteva il messaggio egli annunciava anche avvenimenti che si sarebbero dovuti realizzare nel futuro (predizioni); tali annunci formavano parte di tutto il suo messaggio.

L'insegnamento morale era per i profeti fondamentale, anche se ufficialmente essi non erano degli espositori in senso tecnico della «legge». Per la rivelazione che era loro stata data, essi parlavano con autorità opponendosi spesso all'insegnamento convenzionale. La bellezza della vita morale sulla quale essi insistevano non era inculcata come un codice, era bensì proposta come un santo servizio reso a Dio. Il loro insegnamento non si svolgeva solo nell'ambito etico‑morale, ma anche in quello puramente teologico. I profeti sono stati dei forti difensori del monoteismo. Era quindi inevitabile che degli uomini così fortemente impegnati a dichiarare la volontà di Dio, non avessero anche un chiaro messaggio di speranza, pure se rivolto al futuro. Queste prospettive di una felicità nazionale si raccolsero intorno al termine Messia (unto) usato per designare il liberatore attraverso il quale si sarebbero realizzate le glorie dell'età futura.

Falsi profeti.

Troviamo nell'AT gruppi e individui i quali trasmettevano dei messaggi in contrasto coi messaggi dei veri profeti in Israele. Costoro pretendevano di essere stati inviati da Dio e da qualche altra divinità, ma i loro messaggi erano in contrasto con la volontà di Dio. Era facile distinguere coloro i quali invocavano i nomi di altre divinità (Ger 2:8; 23:13; 26:27), ma essi potevano anche invocare il nome di Yahweh (Ger 23:17,25).

Un utile elemento per smascherare i falsi profeti poteva essere il loro carattere morale (Ger 23:14), ma era tuttavia un elemento che aveva i suoi limiti, perché nessun profeta era perfetto e senza peccato se non Gesù solo. Se si trattava di una predizione in senso stretto, questa doveva realizzarsi (Deut 18:22); certo, molte profezie dell'AT non erano specifiche e di immediata realizzazione. Il criterio più consistente per valutare i profeti era la loro aderenza al messaggio di Dio già rivelato. Anche se un evento predetto si fosse realizzato, qualora successivamente il profeta avesse indotto ad andare contro la volontà di Dio, doveva essere considerato falso (Deut 13:1‑3). Negli scritti del NT troviamo altri due elementi che devono essere menzionati a questo proposito: si tratta di una parola di Gesù in Mt 7:15‑23 dove si fa esplicito riferimento ai «frutti» del presunto profeta (cioè alle sue opere) quale elemento di verifica. L'altro elemento lo troviamo in 1Gv 4:1‑3, dove si incoraggia i credenti a mettere alla prova coloro i quali dicono di possedere il dono profetico per vedere se confessano che Gesù Cristo è venuto in carne.

Le profezie.

L'opera dei profeti doveva ricordare continuamente al popolo le grandi opere di Dio nel passato per rinforzare la fede dei credenti su ciò che Egli avrebbe potuto fare nell'avvenire. « Ricordate il passato, le cose antiche: perché io sono Dio... che annuncio la fine fin dal principio, e molto tempo prima predico le cose non ancora avvenute» (Is 46:9,10).

In modo esplicito il Dio d'Israele afferma di essere riconoscibile proprio dalla sua capacità di rivelare il futuro con largo anticipo... nella Bibbia infatti troviamo non poche profezie. Alcuni studiosi hanno calcolato che le predizioni occupano circa un quarto di tutto il testo biblico. Male profezie non sono state date per soddisfare la curiosità né tanto meno per impressionare, esse sono state trasmesse per sviluppare la fede ed alimentare la speranza.

«Quando il profeta parlerà in nome dell'Eterno e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che l'Eterno non ha detto» (Num 18:22). Il criterio per verificare l'autenticità di una predizione consiste dunque nel suo adempimento. Si potrebbero citare tantissime profezie trasmesse dai profeti e poi realizzatesi regolarmente, ma lo spazio non lo consente. Tra le tante ricorderemo almeno le cosiddette «profezie messianiche», cioè quei riferimenti espliciti o velati a Gesù Cristo che troviamo nell'AT. Le profezie messianiche dell'AT sono numerose e non potendole ricordare tutte, citeremo le più significative riportandone i testi.

Profezie messianiche e come si sono adempiute

Predizione - AdempimentoProfezia
Nato dalla stirpe di Davide - Mt 1:1Ger 23:5,6
Nato a Betleem - Mt 2:1Mich 5:1

Nato da una vergine - Mt 1:18‑26

Chiamato Emanuele - Mt 1:21‑23

Is 7:14

Is 7:14

Adorato dai principi – Mt 2: 1-11Sal 72:10‑12
Unto dallo Spirito Santo - Mt 3:16Is 11:1,2
Avrebbe fatto guarigioni miracolose - Mt 11:4,5Is 35:5,6
Sarebbe odiato dai giudei - Gv 15:25Sal 69:4
Sarebbe tradito da un discepolo - Gv 13:18Sal 41:9
Venduto per 30 sicli d'argento - Mt 26:14,15Zacc 11:12
Avrebbe sofferto per i peccati del popolo - Mt 20:28Is 53:4
Mani e piedi sarebbero stati forati - Gv 20:25Sal 22:16
Spartite e divise le sue vesti - Mt 27:35Sal 22:18
Nessun osso sarebbe stato rotto - Gv 19:33,34Es 12:46  (Sal 34:20)
Sepolto col ricco - Mt 27:57‑60Is 53:9
Risorto dai morti - Atti 2:24‑31Sal 16:10

Ricordiamo anche le profezie del libro di Daniele che continuano a stupirci per la loro precisione cronologica (cfr. le 70 settimane di anni e le 2300 sere e mattine).

I Giudei riconobbero che durante il periodo intertestamentario la profezia si era spenta in Israele, ma sperarono in un rinnovamento dello spirito profetico nell'età messianica. Secondo Giuseppe Flavio il periodo dei profeti finì intorno al tempo di Artaserse nel V sec a.C. (Contra Apionem, 1.8.40).

2. Nuovo Testamento

Il termine profeta nel NT sta ad indicare diverse cose: a) il profeta dell'AT; b) Gio­vanni Battista (considerato il profeta esca­ tologico atteso che precede la missione del Messia e a lui rende testimonianza); c) Gesù Cristo (di solito chiamato in questo modo dal popolo; per il NT Gesù è più che profeta, perché Egli non solo annuncia la             salvezza, ma ne dà l'avvio. E' profeta nel senso di Deut 18:15); d) profeti cristiani (credenti che avevano ricevuto il dono di profezia).

Il NT identifica Isaia come profeta e lo cita 25 volte, considera Samuele come uno dei primi profeti e fa riferimento ad altri profeti come: Davide, Eliseo, Geremia, Daniele, Giona, Gioele. Altri libri profeti­ci dell'AT sono citati senza che ne sia men­zionato esplicitamente l'autore.

I primi riferimenti ad avvenimenti pro­ fetici nel NT li troviamo nei racconti del­l'infanzia di Luca. Elisabetta, ripiena dal­lo Spirito, profetizza riguardo a Maria e al  bambino che le deve nascere (Lc 1:15,41­- 45). Zaccaria profetizza nel momento in cui deve porre il nome al figlio. Simeone profetizza quando Gesù viene portato al Tempio per la purificazione della mamma e la sua presentazione.

Nel libro degli Atti troviamo diverse persone che profetizzano: Agabo (11:28; 21:10), le figlie di Filippo (21:9), Giuda e Sila (15:32). Questa diffusione del dono di profezia è messa in relazione con la discesa dello Spirito Santo sui credenti. Quindi la chiesa primitiva ebbe i suoi profeti. Secondo ciò che afferma l'apostolo Paolo, i ministeri istituiti da Dio sono in primo luogo l'apostolato e subito dopo viene il profetismo. Secondo le affermazioni di 1 Cor 14: la profezia ha lo scopo di esortare, edificare, consolare. Lo stesso Paolo afferma che un giorno le profezie scompariranno (1 Cor 13:8), però questo accadrà alla fine dei tempi. Ora la chiesa viene edificata su fondamento degli Apostoli e dei profeti (Ef 2:20), essendo Gesù stesso la pietra angolare. I santi Apostoli di Gesù erano anche profeti (Ef 3:5). Nel libro dell'Apocalisse pure troviamo questo tipo di sostituzione degli Apostoli coi profeti. L'autore considera se stesso un profeta (22:9), possiamo quindi dedurre anche da questo libro il concetto di profeta. Al profeta vengono svelati attraverso Gesù Cristo, i piani di Dio (1:1). Il profeta ha delle visioni, egli consola ed esorta (lettere alle chiese), la sua è una parola autorevole (22:18-21).

Gli scrittori del NT sono coscienti di dare compimento alle promesse dell'AT. In modo particolare vengono sottolineate le profezie messianiche e vengono accostate ad alcuni tratti della vita di Cristo. Ma Gesù stesso non applica alla sua persona il titolo di profeta se non incidentalmente in Mi 13:57; saranno le folle che gli attribuiranno questo titolo vedendo appunto i segni e i miracoli che accompagnavano il suo ministero. La personalità di Gesù supera tutti i tratti della tradizione profetica: Egli è il Messia è il Servo di Dio, il Figlio dell'uomo. L'autorità che riceve dal Padre  è anche sua, è quella del Figlio che è in cima alla serie di tutti i profeti (Ebr 1:1,2). Egli è la Parola di Dio fatta carne (Gv 1:14).

I profeti dicevano: «Oracolo di Yahweh...»  Gesù dice: «In verità in verità io vi dico». La sua missione e la sua persona non pos­sono essere considerate alla stregua di un profeta ordinario: Egli è il Profeta per eccellenza.  Quale dei profeti si sarebbe mai presentato come la sorgente della verità e della vita?

Attualizzazione

Dio ha sempre cercato di comunicare con l'uomo, anche attraverso i profeti. Questi sono stati degli uomini di Dio che hanno cercato di trasmettere ai loro simili ciò che Dio aveva loro rivelato. Non serro pre sono stati compresi, ma essi sono stati pronti a rischiare anche la vita pur di portare avanti la causa del Signore. Le profezie messianiche hanno avuto la loro piena realizzazione nella figura di Gesù di Nazareth, che ha costituito un nuovo Israele. Questo nuovo popolo ha avuto anch'esso bisogno della guida profetica. Uomini ispirati dallo Spirito del Signore hanno trascritto la sua volontà negli scritti del NT. La Chiesa apostolica e post‑apostolica fino ad oggi ha ricevuto dallo Spirito di Dio il dono della profezia, una guida particolare in piena armonia con la rivelazione biblica, con precise mansioni all'interno della comunità come viene precisato nelle epistole paoline. Crediamo fermamente che Dio continui ad assistere il suo popolo e a sostenerlo attraverso questo dono fino a quando Gesù ritornerà dal cielo e lo ricondurrà al Padre. Allora potremo contemplare il carattere di Dio, e Dio stesso starà in mezzo agli uomini (Apoc 21:3). In questo contesto non sentiremo più bisogno della guida profetica.

Bibliografia

  • E, Testa, Il Profetismo e i profeti (Il messaggio della salvezza) LDC, Leuman,1977.
  • M.G. Cordero, voce «Profeta» in Enci­clopedia della Bibbia, LDC, Leuman, 1971.

Nota:

Questo studio è stato tratto da “Dizionario di dottrine bibliche”, ed. Adv, Firenze