Daniele 8:14

Daniele 8:14

"Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato".

In considerazione dell’attività persecutoria del quinto corno di Daniele 8, della sua opposizione a Cristo[1]  quale unico garante della salvezza e in riferimento alla domanda dell’angelo sulla durata di tali misfatti, la risposta non si fa attendere: “fino a duemilatrecento sere e mattine, poi il santuario sarà purificato” (Dn 8:14).

Tre elementi contraddistinguono questa profezia: il significato dell’espressione “purificazione del santuario”, il valore simbolico e il periodo storico.escatologico delle 2.300 sere e mattine.

1. La purificazione del santuario

Il termine “santuario” richiama la nostra attenzione al sistema cultuale israelita. In Esodo 25: 8, Dio rivela a Mose, con un'immagine tipica del suo tempo,[2] il modo in cui avrebbe agito in favore dell’umanità per salvarla. "Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del tabernacolo e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti. [...] Vedi di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte" (Es 25:8, 9, 40).

Il modello che Dio fa costruire a Mosè è un progetto profetico-cultuale inteso a illustrare l’opera redentrice di Cristo Gesù. In altre parole, il santuario è l’espressione della misericordia di Dio: il Vangelo in miniatura.

Tale insegnamento, possiamo coglierlo nella spiegazione che l’autore della lettera agli Ebrei fa del santuario, rapportando tutto a Cristo, quale vittima e sommo sacerdote, indicando, che tutto ciò che rappresenta il santuario nel suo cerimoniale profetico, si è realizzato nella persona di Gesù. Esso costituiva “un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose” (Eb 10:1).[3] Ciò significa che il santuario israelita, in tutti i suoi arredi e funzioni religiose prefigurava l’opera della salvezza, ovvero il percorso di Dio nell’umana esistenza, fino al compimento della redenzione.

Pertanto, la “purificazione del santuario” è in relazione alla verità oltraggiata in riferimento ai 10 comandamenti[4] e all’attentato all’opera redentrice di Cristo,[5] illustrata nell’Antico Patto dal servizio di intercessione e di purificazione che il sommo sacerdote svolgeva nel santissimo nel giorno del kippur.

Infatti, il termine “purificazione” racchiude in sé diverse sfumature. L’ebraico ha: wenitzdaq qodesh. Nitzdaq è la forma nifal (passivo semplice) del verbo tzadaq, “essere giusto” “essere corretto”, giustificare”, “rivendicare”, “rendere giusto”, “addurre alla giustizia” (B. Davidson). Le versioni antiche traducono unanimemente nitzdaq: “sarà purificato”, i LXX e Teodozione, la Vulgata, la Siriaca e la Copta, dipendenti dai LXX, traducono allo stesso modo. La maggior parte dei traduttori contemporanei si attiene però alle accezioni comuni del verbo tzadaq. La versione della CEI, per esempio, traduce nitida “sarà rivendicato”, la Concordata: “sarà resa giustizia”, la TOB francese: “sera rétabli dans ses droits”, Bernini: “sarà fatta giustizia”, Rinaldi: “sarà giustificato”.

In breve, in considerazione che l’azione orizzontale del quinto corno, dietro il quale agisce il regista occulto, perché la “potenza sarà grande, ma non sarà potenza sua” (v. 24), ci induce a credere che la purificazione, altro non è che un atto di giustizia mediante il quale si ristabilisce la verità riferita alla volontà di Dio e alle modalità in cui egli ha espresso il suo amore in favore dell’umanità, nella persona di suo figlio Gesù.[6]

2. Il valore simbolico

Nella spiegazione che l’angelo offre a Daniele, si specifica che la visione riguarda un tempo escatologico (Dn 8;17,19). Pertanto, la visione riguarda l’ultima fase della storia dell’umanità; un'epoca in cui la verità di Dio è oltraggiata e il sistema religioso umano cerca di oscurare la bellezza della verità relativa al piano della salvezza.

Ciò significa che le 2.300 sere-mattine corrispondo a un periodo profetico pari a 2.300 anni e non a 7 anni reali (2.300 giorni diviso 360 = 7 anni circa).

Dove troviamo l'indicazione che ci consente di capire il vero significato di questi 2.300 giorni?

Se osservate una carta geografica, vedete che in calce essa reca la cosiddetta "scala", cioè il rapporto fra le misure sulla carta e quelle reali. Esempio: un centimetro uguale a 30, 50, 80, chilometri. Nella Bibbia c'è una sola "scala", cioè una regola profetica che si applica alle profezie cronologiche di Daniele e dell'Apocalisse, la troviamo in Numeri 14:34; Ezechiele 4:6.[7]

Numeri 14:34 è un brano storico. Presenta i 40 giorni che le spie d’Israele hanno trascorso in Palestina, nel visitare la terra promessa. Questi giorni sono presi a simbolo per indicare altrettanti anni durante i quali il popolo avrebbe dovuto soggiornare nel deserto del Sinai come risultato della mancanza di fede nell’accettare la protezione dell’Eterno.

Ezechiele 4:6 presenta una parabola espressa mediante l’azione. Il profeta riproduce nei suoi gesti il tempo del passato. 390 anni per la casa di Israele e 40 anni per la casa di Giuda, 430 anni - che ricordano la durata della schiavitù d’Egitto (Esodo 12:40) - e sembrano riportarsi in grosso alla durata della monarchia ebraica e allo stato di peccato che si è progressivamente sviluppato in seno alla società di quell’epoca, nei due regni. I giorni simbolici durante i quali il profeta doveva portare questi peccati (390 giorni doveva stare adagiato sul fianco sinistro, 40 giorni sul fianco destro) corrispondevano al tempo preso da Dio per giudicare il suo popolo e pronunciare la sentenza finale, sul tempio di Gerusalemme, secondo la scena descritta in Ezechiele 1 e 9-10.

Nel 1729, T. Crinsoz scriveva: "Io non penso che le 2.300 sere e mattine, dopo le quali il santuario deve essere purificato, significhino duemilatrecento giorni naturali. L’avvenimento ha fatto fin troppo vedere che il santuario e l’esercito dovevano essere calpestati per un periodo molto più lungo. Trattandosi qui di una profezia, è ragionevole intendere attraverso questo numero di sere e mattine, non dei giorni naturali, ma dei giorni profetici".[8]

Fra i cristiani l’abate calabrese Gioacchino da Fiore (circa 1130-1202) fu il primo espositore delle profezie apocalittiche a utilizzare il principio giorno-anno per interpretare i lunghi periodi profetici di Daniele (i 1.260, i 1.335 e i 2.300 giorni). Lo seguirono il teologo laico spagnolo Arnoldo da Villanova (circa 1235-circa 1313); il  francescano della Linguadoca, Pierre Jean d’Olivi (1248-1298); e l’italiano Ubertino da Casale, nato nel 1259. L’escatologo Alfred-Felix Vaucher, nel suo saggio Les prophécies apocalyptiques et leur interpretation,[9] cita lo studioso William Bell Dawson (nato nel 1854) il quale ha scritto: “Che un giorno nella profezia corrisponda ad un anno lo hanno riconosciuto i principali esegeti dalla Riforma in poi”.[10]

3. Il periodo storico-escatologico

Da una attenta lettura del capitolo in questione, emerge un dato dolente: la drammaticità degli eventi che Daniele ebbe modo di vedere in visione indussero il profeta in uno stato psico-fisico sposante, al punto che svenne e pertanto, l’angelo fu costretto a interrompere la spiegazione (Dn 8: 27), per poi riprenderla nella visione successiva, al capitolo 9.[11]

Infatti, il testo ci  informa che, circa 12 anni dopo, l’angelo Gabriele - lo stesso che interpreta la visione di Daniele 8 (v. 16) - appare al profeta annunciandogli di essere venuto affinché "possa comprendere" (9:22).

Gabriele invita Daniele: "Fa' dunque attenzione al messaggio e comprendi la visione" (v. 23), si tratta della visione dei 2.300 giorni. Ciò si evince dal fatto che il termine che Daniele adopera per descrive al visione in senso generale, riferita al capitolo ottavo, è hazon. "Nel terzo anno del regno del re Baldassar, io, Daniele, ebbi una visione (hazon) dopo quella che avevo avuto prima. Quando ebbi la visione (hazon) ero a Susa, la residenza reale che è nella provincia di Elam, ma nella visione (hazon) mi trovavo presso il fiume Ulai" (8:1,2).

Al contrario, quando l’angelo parla specificatamente dei 2.300 giorni, Daniele usa un termine diverso per indicare la visione: mareh. "La visione (mareh) delle sere e delle mattine, di cui è stato parlato, è vera… Allora, io, Daniele, svenni e fui malato per diversi giorni; poi mi alzai e feci gli affari del re. Io ero stupito della visione (mareh), ma nessuno se ne accorse" (8:26,27).

Al capitolo 8 vengono quindi usate due parole diverse riferite alla visione: hazon fa riferimento alla visione generale; mareh in riferimento al versetto 14, quella dei 2.300 giorni, relativa alla purificazione del santuario, che non era stata dovutamente spiegata (8:27).

Quando Gabriele si ripresenta al profeta, queste due parole compaiono di nuovo al capitolo nono. "Mentre stavo ancora parlando in preghiera, quell’uomo, Gabriele, che avevo visto prima nella visione (hazon), mandato con rapido volo, si avvicinò a me all’ora dell’offerta della sera. Egli mi rivolse la parola e disse: 'Daniele, io sono venuto perché tu possa comprendere. Quando hai cominciato a pregare, c’è stata una risposta e io sono venuto a comunicartela, perché tu sei molto amato. Fa’ dunque attenzione al messaggio e comprendi la visione (mareh)'" (9:21-23), ovvero la visione della 2.300 giorni profetici.

Infatti, la parola tradotta con "comprendi" deriva da bin, che si collega anche con la visione (mareh) di Daniele 8:26, che il profeta aveva bisogno di comprendere (bin). L’interpretazione di Daniele 9:24-27 è palesemente legata ai 2.300 giorni del capitolo precedente. In breve, Daniele 8 termina con la visione (mareh) dei 2.300 giorni non spiegata. Gabriele, lo stesso angelo che aveva interpretato la visione del capitolo 8, appare anche al capitolo 9 e dice a Daniele di comprendere la visione (mareh).

Un altro dato interessante da non sottovalutare è che Gabriele dice a Daniele che le “settanta settimane”, ovvero i 490 anni (Dn 8:24),[12] sono state fissate (isolate),[13] ovvero “messe da parte” per il suo popolo in funzione della preparazione per la venuta del Messia (9:25). In altre parole i 490 anni costituiscono un parte integrante dei 2.300 anni di Daniele 8:14. Ciò significa che il punto di partenza della profezia delle 2.300 sere e mattine corrisponde a quella dei 490 anni.

Al versetto 25 troviamo la data d’inizio di entrambe le profezie. Questa data coincide con il decreto riguardante la costruzione di Gerusalemme. Il libro di Esdra ci informa che la città di Gerusalemme e il tempio furono ricostruiti a partire da tre decreti promulgati da Ciro (536 a.C.) (Esd 1:1-4; 2 Cr 36:22,23); Dario (520 a.C.) (Esd 6:6-12); e Artaserse I (457 a.C.) (Esd 7:12-26).  I decreti di Ciro e di Dario, in effetti, concernono la costruzione del tempio. Bisogna aspettare l’editto di Artaserse I, emanato nell’autunno del 457, che oltre a confermare i precedenti, riguardanti il tempio, sancisce la costituzione di giudici e di magistrati per amministrare la vita civile della città.  Ora il potere di ricostruire Gerusalemme, politicamente e giuridicamente, includeva anche la costruzione della città: le sue mura e case, riunire i cittadini e farvi regnare delle leggi.

La profezia afferma dunque che a partire dall’editto di Artaserse (457 a.C.), in primo luogo, inizia un percorso spirituale per Israele, in vista dell’evento Messia che fluisce nell’anno 34 d.C.[14]  In secondo luogo, le 2.300 sere e mattine (anni) fluiscono nel 1844 d.C.;[15] un  periodo storico caratterizzato:

  • da un periodo storico precedente al 1844 in cui la verità era stata calpesta con un insieme d’insegnamenti in netto contrasto con la Parola di Dio;[16]
  • dalle persecuzioni che hanno segnato l’egemonia di un potere ostile a Dio per tutto il Medioevo;
  • dalla teoria darwiniana sull'evoluzione della specie, in netto contrasto con l’atto creativo di cui il sabato è il memoriale (Gn 2:7; Es 20:8-11);
  • dal movimento culturale e filosofico (illuminismo) con il mito del buon selvaggio e della critica della ragione;[17]
  • dal sorgere di un movimento spirituale[18] che ha favorito il ritorno alla Parola di Dio annunciando una serie di insegnamenti quali l’osservanza del sabato, un chiaro richiamo al Dio creatore e redentore, alla natura mortale dell’uomo; la salvezza per grazia;[19] la dignità del corpo umano; la risurrezione e l’opera d’intercessione di Cristo in favore dell’umanità. Un movimento che ha la peculiarità di proclamare il triplice messaggio di Apocalisse 14 (vv. 6 - 12), prima del ritorno di Cristo (vv. 14-20).

In conclusione, la profezia di Daniele 8:14 segna l’ultima fase della storia dell’umanità. Israele era stato invitato da Dio a prepararsi per la prima venuta del Messia; lo stesso insegnamento riguarda la chiesa oggi; la quale è invitata, da una parte, a essere pronta per il giorno in cui Gesù ritornerà (Mt 25:1-10), dall’altra ,a vivere questa beata speranza testimoniando del Vangelo eterno (Ap 14:6-12).


[1] Daniele 8:9-12, 24-25.

[2] Il santuario israelita strutturalmente, ma non teologicamente, è conforme  ai santuari siro-fenici. In modo particolare il tempio di Taynat.

[3] Cfr. At 13:29.

[4] Nel luogo santissimo del santuario terreno c’era l’arca del patto con i dieci comandamenti (cfr Dn 7:25).

[5] Il quinto corno oltre a gettare a terra la verità si scaglia contro la persona e l’opera di Cristo (Dn 8:11-12, 24-25).

[6] La violazione del secondo comandamento e del quarto (Es 20); il culto dei santi e della Madonna; l’immortalità dell’anima con le relative dottrine annesse come purgatorio, inferno e paradiso; il battesimo dei bambini; la transustanziazione, ovvero il rinnovo del sacrificio per opera del sacerdote durante la messa; la confessione auricolare e l'assoluzione dei peccati per opera del sacerdote; la salvezza per opere; il rosario; ecc… Queste e tante altre dottrine costituiscono un vero e proprio attentato a Cristo e alla verità.

[7] Per un efficace, completo e approfondito studio riguardante il principio "un giorno = un anno", leggere W. Shea, Selected Studies on Prophetic Interpretation, Review and Herald Pub. Assn., Washington, D.C.,1982, pp. 56-93. In francese, W. H Shea, Le principe jour-année, in AA.VV., Prophétie et Eschatologie, Conférence Bibliques Division Eurafricaine, vol. I,  Seminaire Adventiste du Salève, 1982, p. 306).

[8] T. Crinsoz, Essai sur l’Apocalypse, avec des éclaircissements sur les prophéties de Daniel qui regardent les derniers temps, Genève, 1729, pp.  p. 391.

[9] Collonges-sous-Salève 1972, p. 9

[10] “Solar and Lunar Cycles implied in the prophetical Numbers in the Book of Daniel” in Transactions of the Royal Soc. of Canada, 2d Series, XI, III, Ottawa 1905, p.51

[11] Il primo versetto ci offre un dato cronologico interessante: "il primo anno di Dario..", cioè nel 539 - 538 a.C. (vedere il cap. 6), l’anno in cui Daniele fu gettato nella fossa dei leoni. Tra il capitolo 8 e il 9 passano circa 12 anni durante i quali Daniele prega e studia la Parola di Dio! Quale lezione di perseveranza!  Durante tutti questi anni di ricerca, di studio e di comprensione, Dio agisce in favore di Daniele, liberandolo dalla fossa dei leoni, ma non risponde alle sue angosciose domande. I versetti da 3 a19 presentano una straordinaria preghiera composta di 4 parti: (1) umiltà del profeta che si identifica con il popolo colpevole; (2) confessione dei peccati (Prv. 28:13; 1 Giov. 1:8-9); (3) ricordo della bontà divina (v. 17); (4) fiducia in un Dio fedele (v.. 19). La preghiera è una specie di medicina miracolosa che, se bene "agitata", dà risultati sorprendenti; è la chiave che apre i forzieri del cielo e ci permette di accedere alla conoscenza superiore. Questa fu l'esperienza di Daniele.

[12] Il Talmud precisa "Una settimana in Daniele 9 significa una settimana d’anni" (Yoma 54a). Questo modello d’interpretazione lo troviamo negli scritti degli Esseni (manoscritti del Mar Morto). Le 70 settimane sono convertite in 490 anni, periodo che si conclude con la venuta del "Maestro di giustizia".

[13] Per tradurre questo verbo sono state usate molte varianti (la radice è chatchak) come "determinate" oppure "deliberate", il significato basilare dello stesso è "isolare", ed è così che la maggior parte dei dizionari di ebraico lo definiscono. Purtroppo questa parola non compare in alcuna altra parte della Bibbia e questo non ci permette di vedere eventuali altri modi di utilizzo. In ugaritico, una lingua simile all’ebraico, gli studiosi hanno scoperto che il sinonimo di chatchak significa anch’esso "isolare". Possiamo allora riformulare il significato essenziale della frase biblica: "70 settimane sono state isolate". Isolate da che cosa, se non da un’altra profezia temporale? E da quale altra profezia? Non può che trattarsi della visione (mareh) dei 2.300 giorni di Daniele 8:14, alla quale ha fatto riferimento Gabriele, che indica un periodo più lungo.

[14] Divisione dei 490 anni o delle 70 settimane d’anni a partire dal 457 a.C.

  • 7 settimane = 49 anni per la costruzione di Gerusalemme. Questo periodo si conclude nell'anno 408 a.C.
  • 62 settimane = 434 anni fino alla consacrazione - battesimo dell'Unto dell'Eterno = Gesù: il Messia; così arriviamo al 27 d.C.
  • 1 settimana, cioè 7 anni, nel mezzo dei quali l'Unto sarebbe stato soppresso, ucciso.
  • Dopo la morte del Messia, restano 3 anni e mezzo di grazia per il popolo d’Israele in tanto che popolo eletto.È l’ultimo appello. Gli apostoli esortarono gli abitanti di Gerusalemme a cambiare condotta (At 2:35-38).  Ma nel 34 della nostra era il Grande Consiglio giudeo lancia un grande offensiva contro i cristiani e lapidano Stefano. I cristiani si disperdono ed evangelizzano i gentili (At 7:54-57; 8:1-2). I 490 anni finiscono.

[15] Illustrazione della profezia di Daniele 8:14 e delle 70 settimane.

[16] La violazione del secondo comandamento e del quarto (Es 20); il culto dei santi e della Madonna; l’immortalità dell’anima con le relative dottrine annesse come purgatorio, inferno e paradiso; il battesimo dei bambini; la transustanziazione, ovvero il rinnovo del sacrificio per opera del sacerdote durante la messa; la confessione auricolare e l'assoluzione dei peccati per opera del sacerdote; la salvezza per opere; il rosario; ecc…

[17] Dall'inizio del XIX secolo, con il sorgere del razionalismo liberale, tutto il sapere passò sotto il vaglio della critica. La Bibbia stessa non fu risparmiata da quest’analisi e dato che molte affermazioni non erano sostenute da altre fonti extra bibliche, la maggior parte del racconto biblico fu ritenuto semplice leggenda, racconti mitici, alla stregua dei racconti babilonesi o egiziani. Pertanto, il testo fu ritenuto falso, vale a dire un testo scritto da autori vissuti posteriormente alle affermazioni fatte dalla Scrittura stessa. Per esempio, i primi 5 libri di Mosè non sarebbero stati scritti intorno al 1400 a.C. circa, ma 1000 anni più tardi, da uomini che si attribuivano il nome di Mosè. Altre accuse furono indirizzate alla trasmissione del testo biblico: alcuni studiosi ritenevano che nel corso dei secoli sarebbero state apportate al testo delle manomissioni, per cui il contenuto non sarebbe più autentico. Lo scopo era chiaro: abbattere la fiducia dei cristiani nella autenticità della Bibbia come rivelazione di Dio agli uomini.

[18] La Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno sorse negli Stati Uniti d’America verso la metà del XIX secolo, nell’ambito di un vasto movimento escatologico che aveva in William Miller il suo leader e animatore.  Il movimento cosiddetto "millerita" era stato l’espressione popolare di un rinnovato ed esteso interesse per gli studi profetici che era venuto sviluppandosi in certi settori del protestantesimo europeo e nord-americano negli ultimi decenni del secolo XVIII e i primi del XIX.

[19] Questo insegnamento era stato ben evidenziato dalla Riforma protestante, in particolare modo da Lutero, ma con qualche problematica relativa al ruolo delle opere/legge. Infatti, Lutero riteneva la lettera di Giacomo “l’epistola di paglia”.