03. La Storia

Storia della Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno

La chiesa avventista è una comunità giovane. Come molte chiese evangeliche non è una chiesa tradizionale e nazionale. Non si identifica con la cultura di un popolo o di una nazione come, ad esempio, la Chiesa Cattolica Romana, in Italia, la Chiesa Cattolica Ortodossa, in Russia o la Chiesa Luterana, in Svezia e in Germania. Tuttavia la sua nascita è legata alla mentalità e alla cultura di un popolo e di una nazione: gli Stati Uniti d’America.

L’America puritana

Il mito americano è stato plasmato da una generazione di uomini fortemente radicati nelle idee protestanti. Essi identificavano la propria storia con quella del popolo d’Israele ed erano convinti che il continente che li ospitava fosse la Terra Promessa. In essa Dio creava un Nuovo Mondo, una nuova società che sarebbe diventata una luce per le altre nazioni, un esempio da seguire.

Quando nel 1620, i padri pellegrini sbarcarono sulle coste della Nuova Inghilterra, avevano una convinzione e una speranza. Si sentivano «chiamati» a essere il popolo di Dio ed erano convinti di dover collaborare a stabilire il suo regno nel mondo. Essi nutrivano la speranza di poter vivere liberamente la propria fede, costruendo, sul fondamento della Bibbia, una società nuova, diversa dalle nazioni intolleranti della vecchia Europa, dalle quali erano fuggiti.

Lo studio della Bibbia era alla base della vita di questi coloni. Alla Bibbia facevano riferimento per le scelte quotidiane e per formulare i principi di convivenza sociale. Da essa traevano il concetto «millenarista» secondo il quale la storia dell’umanità sarebbe orientata verso un epilogo felice per i credenti: il secondo avvento del Cristo promesso dai Vangeli (cfr. Gv 13:1-4), in cui Dio sarebbe venuto a istituire definitivamente il suo regno.

I risvegli

Con le generazioni successive, la tensione spirituale dei primi coloni del Nuovo Mondo si affievolì e per circa tre secoli in America si alternarono periodi di freddezza religiosa e grandi ritorni collettivi alla fede, definiti «Great Awakenings» (grandi risvegli). Questi fenomeni collettivi caratterizzarono il XVIII e il XIX secolo con due movimenti che vennero chiamati il «Primo Grande Risveglio» intorno al 1740 e il «Secondo Grande Risveglio» nel 1800. Diverse chiese «evangelical» (evangeliche) vennero alla luce come conseguenza di questi risvegli.

In questi movimenti largamente popolari, tramite lo studio della Bibbia gli americani riscoprivano il significato della loro missione e della storia. Un notevole senso patriottico alimentava la convinzione che la nazione americana fosse stata eletta da Dio per una missione mondiale.

Dalla fine del 1700 fino a tutta la prima metà del 1800, per ben due generazioni, il «Secondo Grande Risveglio» protestante percorse la nazione unendo, negli sforzi per cristianizzare l’America, i credenti protestanti di varie estrazioni: battisti, congregazionalisti, metodisti, presbiteriani e quaccheri.

Nei vari stati fiorirono leggi in favore della temperanza dei costumi, in particolare per quanto riguardava il rispetto del giorno di riposo e il divieto del consumo di alcol.

Le riunioni su tematiche e riflessioni religiose raccolsero migliaia di persone, anche per diversi giorni, in grandi accampamenti sotto le tende, chiamati «Camp meetings».

All’interno di questi movimenti, fra il 1700 e il 1800, la componente millenarista era particolarmente vivace e poneva al centro dell’attenzione dei credenti le profezie relative al ritorno di Gesù.

Il risveglio suscitato da William Miller

Nella storia del millenarismo di quel periodo spicca il nome di un agricoltore del Massachussetts, William Miller (v. anche in Dillo al mondo), il quale, turbato dalla violenza e dalla drammaticità della guerra contro gli inglesi (1812-1814), nella quale aveva combattuto con i gradi di capitano, decise di cercare nella Bibbia le risposte alle domande sul significato della vita.

Influenzato dalla preoccupazione generale sul senso della storia e la fine del mondo, Miller rivolse la sua attenzione ai libri del profeta Daniele e dell’Apocalisse.

In particolare dal libro di Daniele dedusse, nel 1818, sulla base di calcoli cronologici a partire dai periodi profetici, che il ritorno del Cristo e la conseguente fine del mondo si sarebbero verificati fra il 1843 e il 1844.

Miller uomo pratico, razionale, scevro da esaltazioni fanatiche, molto restio a porsi al centro dell’attenzione, tenne per sé questa scoperta e approfondì il suo studio della Bibbia per verificare la correttezza della sua interpretazione. Per vari anni si rifiutò di divulgarla, consapevole della responsabilità che implicava. Soltanto nel 1831, in modo fortuito, si trovò a spiegare la sua ipotesi a una comunità che lo aveva invitato a predicare.

A partire da quel momento si trovò al centro di un importante movimento di risveglio, nella scia del «Second Great Awakening». L’annuncio dell’imminenza del ritorno del Cristo era in sintonia con la sensibilità spirituale dell’epoca e induceva gli ascoltatori a prepararsi in vista di quell’evento. Miller fu invitato a predicare nelle chiese della maggior parte delle denominazioni religiose.

Il numero delle persone che accolsero favorevolmente il suo messaggio aumentò rapidamente e ben presto Miller fu affiancato nella predicazione da diversi pastori provenienti dalle comunità battiste, metodiste e presbiteriane. Il movimento adottò un minimo di organizzazione, soprattutto per gestire la pubblicazione dei periodici con i quali diffondeva il suo messaggio.

Nel frattempo, approfondendo lo studio delle profezie, Miller e i suoi discepoli fissarono una scadenza finale per l’evento da loro annunciato: il 22 ottobre 1844. Nell’imminenza di questa scadenza le conferenze si moltiplicarono e in alcuni incontri si radunarono fino a cinquemila ascoltatori. Il successo del movimento e alcuni suoi estremismi provocarono però una reazione di rigetto da parte delle chiese protestanti tradizionali. Le posizioni di intolleranza reciproca si radicalizzarono e coloro che avevano aderito al movimento dell’avvento, chiamati poi «milleriti», furono espulsi dalle chiese ufficiali. A loro volta i milleriti tacciarono le chiese di apostasia. Secondo i calcoli degli storici centomila persone attesero l’avvento il 22 ottobre 1844. Circa un milione di americani (su diciassette) e mille pastori furono coinvolti nel movimento (cfr. R. Lehmann, Les Adventistes du septième jour, Éditions Brépols, 1987, p. 14).

La nascita delle chiesa avventista

Ma il 22 ottobre 1844 non successe nulla. La delusione dei milleriti fu cocente. Con una dichiarazione pubblica Miller e i responsabili del movimento ammisero il loro errore. William Miller non perse la fede e continuò a nutrire la speranza dell’avvento senza fissare però altre date. Morì cieco, il 20 dicembre 1849.

Molti aderenti al movimento dell’avvento ritornarono alle chiese di origine. Altri formarono nuovi gruppi, persuasi che Miller avesse commesso un errore nel computo profetico e continuarono a fissare delle date per il Secondo Avvento.

Altri, invece, giunsero alla convinzione che Miller si fosse sbagliato nell’interpretare la natura dell’evento che si era verificato nel 1844. L’anno in questione non era quello del secondo avvento ma, riaffermando alcune concezioni millenariste, dell’inizio del tempo della fine del mondo.

I componenti di questo gruppo maturarono anche alcune convinzioni relative all’etica, alcune delle quali erano particolarmente sentite dalle comunità cristiane dell’epoca come l’importanza della temperanza in quanto valore spirituale e il rispetto integrale dei comandamenti di Dio (incluso il quarto comandamento relativo al giorno di riposo). Inoltre essi nutrivano la convinzione che la delusione di cui erano stati protagonisti fosse un passaggio obbligato e che Dio stesse guidando la loro esperienza di fede attraverso l’ispirazione di una giovane donna, Ellen G. Harmon.

Il gruppo di milleriti che si saldò intorno alla sintesi di queste quattro punti, nel 1860, scelse di fondare una chiesa con il nome di Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno e nel 1863 pose le basi di una struttura ecclesiastica rappresentativa, sul modello presbiteriano.