Storicamente è vero che la Chiesa Avventista nasce in seguito all’aspettativa di un imminente ritorno di Gesù che William Miller aveva fissato per il 1843 e poi accettato di posporre al 1844. A questa conclusione egli era giunto sulla base dei suoi studi sul significato della profezia delle 2300 sere e mattine contenuta in Daniele 8:14. Egli pensava che si riferisse al ritorno di Gesù che sarebbe venuto a salvare la sua chiesa. Evidentemente questo non accadde e ciò provocò una crisi dalla quale nacque, tra alcune altre realtà, quella che sarebbe poi diventata l’erede principale del movimento Millerita: La Chiesa Avventista del 7° Giorno. Ciò avvenne grazie ad una necessaria rilettura della profezia biblica alla luce della dottrina del santuario e del significato del giorno delle Espiazioni come simbolo del giorno del giudizio. Nel 1844, quindi, quei primi avventisti credettero e noi ancora crediamo che Gesù abbia iniziato la fase finale della storia, quella del giudizio, chiamato all’inizio “investigativo” o “preliminare”, ma ora sempre più, semplicemente “pre-millenniale” alla fine del quale Gesù verrà a salvare il suo popolo.
Tuttavia, dire o pensare che la Chiesa Avventista sia nata da un equivoco sarebbe troppo riduttivo e scorretto. La Chiesa Avventista nasce da ben altro:
a. Da una riscoperta delle profezie e della speranza biblica che aveva ed ancora ha bisogno di una ricerca continua e sempre più approfondita. Gli studi e il ministero di William Miller costituiscono solo una parte iniziale di questo cammino, da correggere, approfondire e continuare ancora oggi.
b. Da un ritorno ad un approccio globale alle Sacre Scritture con il desiderio profondo e sincero di onorare tutto quello che Dio ci ha trasmesso attraverso i suoi profeti e i suoi apostoli, in visione cristocentrica che illumina ogni pagina della Bibbia, dalla prima all’ultima.
c. Da un aiuto del tutto speciale che il Signore ci ha dato attraverso il ministerio profetico di Ellen G. White.
Oggi esistono ancora altre piccole chiese più direttamente legate alla figura di William Miller, ma sono rimaste realtà quasi invisibili di poche decine di migliaia di membri. Solo la Chiesa Avventista del 7° Giorno è riuscita a diventare un movimento mondiale, con milioni di membri (17.000.000 nel 2010), conosciuto e apprezzato non solo per la speranza che diffonde, ma anche per il suo impegno umano a favore dei malati, dei deboli, dei sofferenti. E questo nonostante abbiamo il messaggio più complesso teologicamente e che pone più problemi pratici di tutti gli altri. Noi osiamo credere che questo sia avvenuto per la benedizione e la guida di Dio.
d. La Chiesa Avventista del 7° Giorno va dunque ben oltre l’esperienza millerita e deve essere valutata per quello che è nella sua storia e, soprattutto, oggi.
A proposito dell’Opera di William Miller sottolineiamo:
a. Noi lo onoriamo come un uomo di Dio e gli siamo riconoscenti per il contributo che ha dato allo studio delle profezie e al risorgere della speranza nel ritorno di Cristo, dopo millenni di dimenticanza di quella che l’apostolo Paolo definisce la “beata speranza” di tutti i credenti (Tito 2:13).
b. Non è mai stato membro della Chiesa Avventista del 7° Giorno ma lo riteniamo comunque un padre spirituale.
c. Il movimento avventista che sorse con lui, non era un fatto isolato. Molti altri studiosi e credenti si erano convinti che intorno alla data del 1844 qualcosa di molto importante doveva accadere in relazione al ritorno di Cristo e all’instaurazione del regno di Dio. Questo non era dovuto ad una fantasia squilibrata ma ad elementi profetici biblici consistenti.
d. Il movimento millerita non rappresentò solamente l’attesa di un evento (il ritorno di Gesù), ma una esperienza di risveglio religioso diffuso e intenso. Era importante sapere che Gesù tornava presto ma era ancora più importante prepararsi per incontrare il Signore, e questo rimane vero per tutti i credenti in tutti i secoli: guai a pensare che” il Signore tarda a venire”. Per ogni vero credente “oggi è il giorno in cui il Signore viene”. In questo possiamo prendere ad esempio l’atteggiamento dello stesso Miller che “dopo la scadenza del 22 ottobre 1844 – una data che Miller non fissò ma che accettò all’ultimo momento – Miller scrisse a Joshua Himes: ‘Sebbene sia rimasto deluso per due volte, non mi sento ancora abbattuto o scoraggiato … La mia speranza nella venuta di Cristo è forte come prima. Ho fatto solo quello che dopo anni di sobria riflessione ho sentito di dovere fare quale mio imprescindibile dovere. … Ho fissato la mia mente su un’altra data e su di essa intendo rimanere fino a quando Dio mi darà più luce: e questa data è Oggi, Oggi, e OGGI, fino a quando Egli verrà, e vedrò COLUI che la mia anima desidera ardentemente incontrare’” (lettera, 10 Nov. 1844, in The Midnight Cry, 5 Dic. 1844, pp. 179, 180).
Quanti, pur credendo nel Signore Gesù e nel suo ritorno in gloria, tendono a denigrare l’opera di Miller, non si rendono conto del grande debito che invece, inconsapevolmente hanno, nei suoi confronti. Miller è stato infatti uno tra i più importanti testimoni della fede biblica nel ritorno personale, visibile, glorioso e risolutore del Signore Gesù. E se oggi molti credenti, in varie chiese, condividono questa stessa speranza, sappiano che un poco della loro riconoscenza dovrebbe anche andare a quest’uomo che ha potentemente contribuito a richiamare la mente e i cuori di tanti credenti alle tante promesse bibliche sull’adempimento della “beata speranza”.