La Conferenza Generale degli avventisti è coinvolta nell’ecumenismo?

Autore
di John Graz
Direttore del Dipartimento della Libertà religiosa della Conferenza Generale degli Avventisti del 7° Giorno, Silver Spring, Maryland (USA)

La Conferenza Generale è membro del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC)?

Non passa settimana senza che qualcuno chiami nervosamente il mio ufficio per rivolgermi sempre la solita domanda e io rispondo sempre nello stesso modo: «Assolutamente no!». E si badi bene che non dico «No, però…», bensì «No», punto!

Quello che mi sembra di cogliere, nella maggior parte dei casi, è che chi chiama conosca meglio di me la risposta e non sembri però convinto; forse pensa che gli avventisti siano membri in segreto, oppure fittizi, ma sono categorie che non esistono. Non si potrà trovare il nostro nome, semplicemente perché non facciamo parte del CEC e non stiamo pianificando una nostra prossima adesione.

Passiamo oltre; abbiamo delle relazioni con il CEC?

Sì, di tanto in tanto partecipiamo al loro Comitato direttivo e alla loro Assemblea generale in qualità di osservatori. Non si tratta di un segreto e lo confermano i numerosi articoli sul tema pubblicati dalla Adventist Review.

Sono certo che alcuni lettori non si saranno convinti. Hanno saputo che una delegazione della Conferenza Generale partecipa ogni anno al CMCC (Conferenza mondiale delle comunioni cristiane).

Sì, è così, ma il CEC non è il CMCC. Mi dispiace dover usare questo linguaggio tecnico e mi rendo conto che si fa presto a generare confusione.

Il CEC è l’organizzazione ufficiale del movimento ecumenico, la cui sede sorge a Ginevra. Ne fanno parte come membri circa 340 chiese, in rappresentanza di 592 milioni di cristiani, vale a dire poco più del 25 per cento del totale. Il suo obiettivo è promuovere l’unità dei cristiani. Alle orecchie dei suoi fondatori «promuovere» suonerebbe troppo debolmente, dato che speravano di costruire un’unione visibile di tutti i cristiani.

Il sogno nacque, dopo due guerre mondiali, in seno a quelle nazioni cosiddette cristiane che avevano messo sottosopra il mondo. L’unità di tutti quelli che si riconoscevano in Cristo avrebbe significato l’adempimento della sua preghiera e uno straordinario fattore della pace mondiale. Oggi possiamo dire che un’unità concreta anche tra i membri del CEC è una vera sfida. Ortodossi e protestanti non si trovano d’accordo sull’eucaristia neanche dopo mezzo secolo di incontri, dichiarazioni e studi. La maggioranza dei cristiani
non aderisce al CECe l’ala più dinamica del mondo protestante, evangelici e pentecostali, non hanno espresso l’intenzione di diventarne membri. All’interno del CEC, la chiesa cattolica è molto influente, ma neanche lei è un suo membro.

Quando parliamo del Consiglio ecumenico delle chiese è importante ricordarne lo scopo: l’unità visibile del cristianesimo, che può dare luogo a diverse interpretazioni e apparire come un processo molto, molto lungo, ma il CEC resta l’unica organizzazione religiosa totalmente dedita a questo obiettivo.

Che dire della Conferenza mondiale delle comunioni cristiane (CMCC), della quale siamo invece membri?

La differenza con il CEC è questa: la CMCC non è un’organizzazione, bensì una conferenza di leaders, segretari generali e altri alti dirigenti del cristianesimo, in rappresentanza di organizzazioni mondiali. È una conferenza, non un’organizzazione e il suo scopo non è quello di costruire l’unione visibile dell’intera famiglia cristiana, ma di condividere informazioni, preoccupazioni e rapporti per darci la possibilità di conoscerci meglio gli uni con gli altri. Nessun rappresentante è incoraggiato a cambiare le proprie idee o a creare una nuova chiesa cristiana; le questioni dottrinali non fanno parte dell’agenda di questa conferenza.
Ogni membro deve solo rappresentare la propria confessione e le relative credenze e viene accettato così com’è.

Il gruppo di segretari rappresenta circa due miliardi di cristiani e un numero di chiese superiore a quello di qualsiasi altra organizzazione, CEC compresa. Sono rappresentati, tra gli altri, il Patriarcato ecumenico e la Chiesa ortodossa russa, la Federazione mondiale luterana, la Convenzione mondiale mennonita, l’Alleanza mondiale delle chiese riformate, l’Alleanza mondiale battista, la Conferenza Generale della chiesa avventista… ebbene, proprio gli avventisti hanno svolto un ruolo molto importante nella conferenza perché si aprisse anche agli evangelici.

Il dr. Bert Beach è stato segretario generale della Conferenza per 32 anni, io sono stato eletto a questo incarico nel 2002. La nostra presenza all’interno di un gruppo di così alto livello, che rappresenta il mondo cristiano, è stata estremamente utile per la chiesa avventista in ogni parte del globo e ha dimostrato che siamo una confessione cristiana riconosciuta dalla famiglia dei dirigenti di tutte le altre comunità.

Non siamo una setta o un pericoloso manipolo di fanatici, ma una denominazione cristiana a tutti gli effetti.
Inizialmente, i rapporti tra CEC e CMCC sono stati complessi, ma con il tempo sono migliorati. Le difficoltà derivavano dal fatto che il CMCC accettava le chiese e rispettava le loro peculiarità e ciò veniva percepito come un incoraggiamento alla divisione, piuttosto che un contributo all’unità. Oggi il CEC ha un proprio rappresentante all’interno del CMCC.

Domanda: quest’ultimo si unirà al CEC?

Ci sono persone di entrambi gli organismi che ritengono utile per tutti una collaborazione più stretta e allo scopo lo scorso anno è stata creata una commissione con funzioni consultive. Altri membri del CMCC non vogliono però che la conferenza devii dal suo principale obiettivo, che è quello di ricercare una comunione unica tra i vari leaders cristiani che desiderano passare del tempo, pregare e leggere la Bibbia insieme e cercare di capire meglio ogni singolo componente della vasta famiglia cristiana.

La chiesa avventista è sempre stata favorevole allo sviluppo di rapporti amichevoli con altre chiese o gruppi religiosi, almeno fino a quando questi restano fedeli alla propria missione e alle proprie convinzioni. Non siamo una denominazione isolata ma crediamo che il Signore ci abbia chiamati ad adempiere una missione
specifica e a proclamare un messaggio ben preciso in vista degli ultimi tempi. Non ci sentiamo minacciati restando nel CMCC, anzi, l’incontro con altri dirigenti del cristianesimo ci offre la grande opportunità di essere conosciuti meglio e di condividere la nostra missione nella misura in cui siamo capaci di rispettare gli altri senza compromettere la nostra identità e la nostra fede.

Ecumenismo? No, grazie, ma buoni rapporti, sì!


Tratto da: Gli ecumenismi del XX secolo, Ed. ADV, Firenze, 2007.