Past. Francesco Zenzale
Aspetti introduttivi
Il Sabato come giorno speciale di riunione e di devozione dei cristiani affonda le sue origini nella Parola di Dio: nell’insegnamento dei profeti, di Gesù Cristo e degli apostoli.[1] Come riconosceva il cardinale Gibbons: «Potete leggere la Bibbia dalla Genesi all’Apocalisse e non troverete una sola parola che autorizzi la santificazione della Domenica. Le Sacre Scritture sanciscono l’osservanza religiosa del Sabato».[2]
D.A. Carson, un studioso cristiano che non condivide la posizione avventista, afferma: «Nell’insegnamento di Gesù non si trova nessun accenno al fatto che la domenica dovrà assumere la santità del sabato oppure sostituirlo».[3]
Scrive Paul Wells, «Il significato del Sabato di Dio non è abolito dal peccato dell’uomo; ma esso è intensificato da questa ribellione. Ora più che mai, il Sabato diventa segno della grazia di Dio verso un mondo che dipende da Lui, ma che rifiuta di riconoscerlo. Questo aspetto del riposo di Dio stabilisce una continuità tra la creazione e la redenzione. Il riposo di Dio non è distrutto dalle azioni degli uomini; esso sussiste, e resiste alla loro indifferenza e alla loro irrazionalità. La santificazione del Sabato è il monumento commemorativo nel presente della creazione futura, dei nuovi cieli e della nuova terra».[4]
Norma ecclesiastica, non precetto divino
Tradizionalmente, l’adozione della domenica come giorno festivo al posto del sabato, il settimo giorno, è stata attribuita all’autorità ecclesiastica piuttosto che a un precetto biblico:
Tommaso d’Aquino, anche se precisa che per i cristiani il comandamento biblico prende un senso nuovo a partire dalla risurrezione di Cristo, afferma categoricamente che «Nella nuova legge, l’osservanza del giorno del Signore prese il posto dell’osservanza del sabato, non per virtù del precetto, ma come istituzione della chiesa».[5]
Gaspare del Fosso, arcivescovo di Reggio Calabria, nel suo sermone d’apertura sull’autorità della chiesa, al Concilio di Trento, dichiarò che «Il giorno di sabato della legge che noi celebriamo è stato trasferito al giorno del Signore… Questo precetto, come altri simili, non è stato eliminato dal Cristo (egli dice, in effetti, di essere venuto per compire e non per abolire), ma sono stati cambiati per l’autorità della Chiesa».[6]
Il medesimo pensiero lo troviamo nel Catechismo Tridentino: «La Chiesa di Dio trasportò la ricorrenza festiva del sabato alla domenica…».[7]
Nel nuovo Catechismo Cattolico, si evidenzia che «la creazione è fatta in vista del Sabato e quindi del culto e dell’adorazione di Dio» […] e che «il Sabato è al cuore della Legge di Israele. Osservare i comandamenti equivale a corrispondere alla sapienza e alla volontà di Dio espresse nell’opera della creazione», ma in seguito, e senza alcun ausilio biblico, si dichiara: «Per noi, però, è sorto un giorno nuovo: quello della Risurrezione di Cristo. Il settimo giorno porta a termine la prima creazione. L’ottavo giorno [domenica] dà inizio alla nuova creazione. Così, l’opera della creazione culmina nell’opera più grande della Redenzione. La prima creazione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova creazione in Cristo, il cui splendore supera quello della prima».[8]
Nello stesso catechismo, discutendo del comandamento del decalogo sul giorno di riposo, e con il sostegno di numerosi testi biblici, si insegna che: «L’agire di Dio è modello dell’agire umano. Se Dio nel settimo giorno “si è riposato” ( Es 31,17 ), anche l’uomo deve “far riposo” e lasciare che gli altri, soprattutto i poveri, “possano goder quiete” ( Es 23,12 ). Il sabato sospende le attività quotidiane e concede una tregua. E’ un giorno di protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro [Cf Ne 13,15-22; 2Cr 36,21 ] …. Il Vangelo riferisce numerose occasioni nelle quali Gesù viene accusato di violare la legge del sabato. Ma Gesù non viola mai la santità di tale giorno [ Cf Mc 1,21; Gv 9,16 ]. Egli con autorità ne dà l’interpretazione autentica: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27 ) Nella sua bontà, Cristo ritiene lecito “in giorno di sabato fare il bene” anziché “il male, salvare una vita” anziché “toglierla” ( Mc 3,4 ). Il sabato è il giorno del Signore delle misericordie e dell’onore di Dio [Cf Mt 12,5; Gv 7,23 ]. “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” ( Mc 2,28). Ma successivamente, e senza alcun riferimento biblico, si afferma che dobbiamo vivere «secondo la domenica, giorno in cui è sorta la nostra vita, per la grazia del Signore e per la sua morte» e che «Il culto domenicale è il compimento del precetto morale dell’Antica Alleanza, di cui riprende il ritmo e lo spirito celebrando ogni settimana il Creatore e il Redentore del suo popolo».[9]
La domenica e la riforma protestante
La Riforma, restituendo alle Scritture il loro posto legittimo come unica regola di fede e di condotta cristiana, non poteva evitare di confrontarsi con ciò che di più santo il documento sacro conteneva: il decalogo, scritto «col dito di Dio» (Es 31:18). Conseguentemente, i riformatori si trovarono ben presto in presenza di un problema spinoso: come conciliare il quarto comandamento con l’osservanza della domenica?
Carlstadt, sulle prime collaboratore di Lutero, riconosce che «riguardo l’osservanza della domenica si avverte un certo disagio, visto che sono stati gli uomini a stabilirla».[10] Egli afferma che osservare il sabato è molto importante per la vita della chiesa, perché ciò significa pregustare il cielo.[11]
I riformatori, rinunciando a cambiare il giorno di riposo, ormai così radicato nella vita della chiesa, cercarono, con un certo malessere, delle ragioni per giustificare l’osservanza della domenica. Affermarono così che il sabato era stato abolito assieme a tutte le leggi rituali dei giudei, alla morte di Gesù; che la Chiesa, usando la sua libertà, aveva scelto il giorno della risurrezione, ecc.[12]
Lutero affermava: «Quanto alla legge, io non l’ho mai rigettata»[13], ma quando costretto a parlare della domenica, non solo si trovava in conflitto con Carlstadt, ma cadeva nell’incoerenza, così come tutti gli altri riformatori. Nel suo Grande catechismo, scriveva: «Non siamo tenuti come i giudei, d’osservare un giorno piuttosto che un altro… Nessun giorno è migliore o eccellente rispetto ad un altro […] Ma siccome coloro che ci hanno preceduto si sono scelti la domenica, questa abitudine inoffensiva non deve essere abbandonata alla leggera». Con un po’ d’auto ironia aggiungeva: «Se Carlstadt, scrive ancora sulla questione del sabato, la domenica dovrà capitolare, e pertanto bisognerebbe ritornare al sabato».[14]
Qualche anno dopo, nella Confessione Luterana di Asburgo (1530), a proposito del potere ecclesiastico del cattolicesimo, si riconosce l’origine post biblica ed ecclesiastica della domenica voluta dalla Chiesa cattolica: «Citano il sabato mutato nella domenica, in apparente contrasto con il decalogo. Nessun esempio, in verità, è maggiormente esaltato del cambiamento del sabato. Sostengono che è ben grande il potere della chiesa se ha potuto addirittura dispensare dall’osservanza di un precetto del decalogo».[15]
Il teologo protestante Jean Cadier sostiene che «I riformati, come gli altri, sono più sottomessi alla tradizione di quanto vogliano riconoscere. Sulla questione della domenica, della lavanda dei piedi…, del battesimo dei bambini… l’apporto della tradizione è stato nettissimo. Allorché una confessione cristiana, come gli Avventisti, nel nome della Scrittura, inizia su questi difficili soggetti una controversia con i riformati, essa è in anticipo vittoriosa, e i testi con i quali la nostra chiesa difende la sua posizione, al di fuori del ruolo della tradizione, e senza invocare lo spirito della rivelazione, sono rari e non apportano l’adesione. Noi preferiamo dirlo molto chiaramente e affermare che c’è una tradizione protestante».[16]
La Chiesa di Gerusalemme e l’origine della domenica
Scrive P. R. Cantalamessa «La Domenica come giorno speciale di riunione e di culto dei cristiani affonda le sue origini nella comunità di Gerusalemme, negli anni successivi agli eventi pasquali. Il motivo fondamentale della scelta è che in tale giorno Cristo era risorto dai morti».[17]
Questa tesi non trova però alcun riscontro storico per evidenti motivi. Il Libro degli Atti ci informa che la chiesa primitiva di Gerusalemme era formata da giudeo-cristiani e osservava scrupolosamente il Sabato. Lo si può dedurre dalla conversione in massa dei giudei.[18] Fra i convertiti troviamo Giudei «religiosi» (At 2: 5,41), «una gran quantità di sacerdoti» (6:7) e molte «migliaia di Giudei» che erano stati e «sono» – tuttora – «zelanti per la legge» (21:20). Questi frequentavano il tempio (At 2:46; 3:1; 5:12), praticavano e promuovevano le necessità della circoncisione,[19] ricevevano istruzione dalla Scrittura «nelle sinagoghe ogni Sabato» (At 15: 21).
Inoltre, Luca riporta che Paolo si incontrava regolarmente nella sinagoga durante il Sabato con «Giudei e Greci»[20] e descrive una tale partecipazione come abituale per Paolo (At 17:2). Anche Apollo quando arrivò a Efeso si incontrò con i credenti nella sinagoga (At 18: 24-26).
In occasione del concilio di Gerusalemme, tenutosi verso il 49-50, ci fu una gran discussione a proposito della circoncisione per cristiani provenienti dal paganesimo. La parola conclusiva fu che i gentili non erano tenuti a circoncidersi e che dovevano «astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate, e dal sangue» (At 15: 19-20). Nessuna traccia a favore dell’osserva della domenica o di un possibile cambiamento. Il silenzio conferma l’osservanza del sabato.
Il Sabato era un’istituzione troppo importante per il giudaismo, e un cambiamento a favore della domenica avrebbe sicuramente provocato reazioni fortemente ostili. Tuttavia, in Atti non abbiamo alcun riferimento ad ostilità riguardo a questo giorno. Il monito dello stesso Cristo: «Pregate che la vostra fuga non avvenga né d’inverno né di Sabato (Mt 24: 20), fornisce un esempio evidente circa l’osservanza del Sabato da parte della chiesa primitiva prima e dopo la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C..
Lo storico Eusebio (260-340 circa) ci informa che fino all’assedio di Adriano (135 d.C.) la chiesa di Gerusalemme fu composta e ministrata dai Giudei convertiti, descritti come «zelanti nell’insistenza per l’osservanza letterale della legge»[21]. Socrate Scolastico, nel quinto secolo, scriveva che: «Quasi tutte le chiese, in tutto il mondo, celebrano i sacri misteri al sabato di ogni settimana, eccetto però i cristiani d’Alessandria e di Roma, i quali, in seguito ad alcune tradizioni, rifiutano di far ciò».[22]
Insomma, i dati storici e biblici in nostro possesso eludono ogni tentativo di fare di Gerusalemme la base di innovazioni liturgiche tali come il culto domenicale. Di tutte le chiese cristiane questa era senza dubbio, sia culturalmente che teologicamente, la più radicata nelle tradizioni religiose giudaiche.
Dal Sabato alla Domenica: primi secoli
Scrive, P. Giuseppe Piccinno, «La storia della domenica cristiana nel periodo che va dal “giorno della risurrezione di Cristo” fino a Costantino ci dice che la domenica non era giorno di riposo ufficiale. I cristiani lavoravano di domenica. […] Durante questo tempo gli interventi dei Padri vogliono dimostrare solo la preminenza della domenica rispetto al sabato sulla base della Sacra Scrittura, anche se non si può far valere una inconfondibile prescrizione di Gesù o degli apostoli di festeggiare la domenica al posto del sabato. Ci si trova così davanti a questa variegata situazione: alcuni ambienti giudeo-cristiani che, sembra, festeggiavano solo il sabato, non conoscendo la domenica; altre comunità giudeo-cristiane che festeggiavano sia il sabato sia la domenica; la Chiesa cristiana proveniente dal paganesimo, invece, festeggiava solo la domenica e solo in essa la celebrazione cristiana della domenica è testimoniata con certezza. Dalla legge di Costantino in poi, che dichiarò la domenica giorno di riposo ufficiale nell’Impero, si assiste nella Chiesa cristiana alla trasformazione della domenica in sabato cristiano, conservando, man mano sempre più, di esso tutto ciò che riguardava il suo senso legalista e negativo, tralasciando il suo contenuto teologico e spirituale. Per influsso della legislazione ufficiale sulla domenica, in epoca post-costantiniana, questa viene a sostituire il sabato, anzi è più opportuno dire che la domenica, erede del sabato, diventa «il sabato cristiano».[23]
Il passaggio dal sabato alla domenica avvenne progressivamente sviluppandosi in un lungo periodo di tempo. Questo processo cominciò comunque abbastanza presto: alcuni cristiani provenienti dal paganesimo iniziarono ad osservare la domenica già verso la metà del secondo secolo, vale a dire dopo soli cinquant’anni circa dalla morte degli apostoli. I primi chiari riferimenti relativi all’osservanza della domenica sono dovuti a Barnaba (135 circa d.C.) e a Giustino martire (150 circa d. C.). Entrambi gli autori, invocano la risurrezione di Cristo in sostegno dell’osservanza dell’ottavo giorno.
L’autore della Epistola di Barnaba spiritualizza il giorno di riposo, istituito alla creazione, opponendo ad esso l’ottavo giorno, indicandolo come l’inizio di un altro mondo: «Infine dice ancora loro: i vostri noviluni e i vostri sabati non li sopporto. Fate attenzione a ciò che Egli vuol dire: Non mi sono accetti i sabati di ora, ma il sabato che ho istituito, in cui, dato riposo all’universo, segnerò l’inizio dell’ottavo giorno, l’inizio cioè di un altro mondo. Per questa ragione noi festeggiamo nella gioia l’ottavo giorno, in cui anche Gesù risorse dai morti e manifestatosi salì ai cieli».[24]
Giustino martire, si richiama, esplicitamente, alla risurrezione di Cristo per sostenere l’osservanza dell’ottavo giorno, chiamato giorno del sole. Egli scrive: «…Teniamo questa nostra assemblea comunitaria nel giorno del sole poiché è il primo giorno in cui Iddio, sconvolte le tenebre e la materia, creò il mondo e poiché Gesù Cristo nostro Salvatore in questo stesso giorno resuscitò da morte; infatti la vigilia del giorno di Saturno lo crocifissero e nel giorno dopo quello di Saturno, cioè nel giorno del sole, apparve ai suoi apostoli e ai suoi discepoli e insegnò questa dottrina che vi abbiamo sottoposto in esame».[25]
Anche Tertulliano (220 d.C.) scriveva: «Lo Spirito Santo condanna i giorni festivi dei giudei: è detto: l’anima mia ha in odio i vostri Sabati, la ricorrenza del novilunio e le cerimonie in uso […] a noi sono estranei i Sabati giudaici, i noviluni e i giorni festivi, pure una volta cari a Dio […] o Cristiano, il giorno festivo giunge ogni otto giorni».[26]
Origene, nel terzo secolo, quando la domenica acquistava sempre più importanza, nel tentativo di offrire a tale osservanza un supporto biblico, manipolando il pensiero biblico, scriveva: «… Per sei giorni ininterrotti raccoglierete, il sesto giorno raccoglierete il doppio. Appare chiaro che l’espressione “sesto giorno” designa il giorno che precede il sabato e che presso di noi è chiamato parasceve. Il sabato ora è il settimo giorno. Io mi domando dunque in che giorno la manna cominciò a cadere dal cielo e voglio paragonare la nostra domenica al sabato degli Ebrei. Dalle Scritture divine appare chiaro infatti che la manna è stata offerta nel giorno di domenica. Se infatti, come dice la Scrittura, si è raccolto per sei giorni ininterrotti e si è cessato il settimo giorno, che è di sabato, non c’è dubbio che ha avuto origine dal primo giorno, cioè di domenica. Ora, se secondo le divine Scritture è noto che nel giorno di domenica Dio ha fatto piovere la manna mentre di sabato ha cessato, gli Ebrei comprendano che già allora la nostra domenica è stata preferita al sabato ebraico e che già allora è stato manifestato che nel loro sabato non è affatto discesa a loro dal cielo alcuna grazia divina, non è giunto a loro il pane celeste, che è la parola di Dio… Nel nostro giorno di domenica invece il Signore sempre fa cadere la manna dal cielo…».[27]
Eusebio di Cesare (270-340), discepolo di Origene, quando oramai la domenica si era affermata come giorno festivo, commentando il Salmo 92 (91), scriveva: «In quel giorno di luce, primo giorno, giorno di sole vero, anche noi, radunandoci a intervalli di sei giorni, celebrando i sabati santi e spirituali, noi che da Lui siamo stati riscattati dalle nazioni su tutta la terra, noi adempiamo secondo la legge spirituale ciò che era stato ordinato di fare ai sacerdoti di sabato […] In questo giorno della creazione del mondo Iddio disse: sia la luce, e la luce fu. E in quel giorno è sorto per le nostre anime il sole della giustizia; per questo appunto anche a noi la tradizione ha prescritto di riunirci in questo giorno».[28]
Come si può facilmente notare, questi autori ignorano completamente Gesù e gli apostoli, nel senso che non riferiscono alcun ordine di Gesù e degli apostoli relativo all’osservanza della domenica – da loro definita “ottavo giorno” – ma presentano tale osservanza come un consuetudine generale del tempo, cercando, spesso, di sostenerla attraverso una esegesi che travisa il senso e le intenzioni dei testi sacri.
La domenica e la risurrezione
La risurrezione di Gesù è, anche se con molte incertezze, la causa dell’osservanza della domenica menzionata più spesso tra i primi scrittori cristiani post-biblici.
Ignazio di Antiochia (morto a Roma ca. 110) è forse uno dei testimoni più antichi di quest’uso. Nella lettera ai Magnesii, scriveva infatti: «Dunque, quelli che erano per le antiche cose sono arrivati alla nuova speranza e non osservano più il sabato, ma vivono secondo la domenica, in cui è sorta la nostra vita per mezzo di Lui e della sua morte che alcuni negano. Mistero dal quale, invece, abbiamo avuto la fede e nel quale perseveriamo per essere discepoli di Gesù Cristo il solo nostro maestro. Come noi possiamo vivere senza di Lui se anche i profeti quali discepoli nello spirito lo aspettavano come maestro? Per questo, quello che attendevamo giustamente, venendo li risuscitò dai morti.[29] C’è però da dire che tale interpretazione del suo testo deriva da una traduzione medievale latina della sua lettera, mentre l’unico manoscritto greco in nostro possesso dice testualmente: «Non sabbatizzano più a vivono secondo la vita del Signore.»
Più certa invece la testimonianza di Giustino (ca. 150): «La prescrizione della circoncisione, che imponeva di circoncidere i neonati senza eccezione l’ottavo giorno, era immagine della vera circoncisione con cui fummo circoncisi dall’errore e dalla malvagità grazie a Cristo Gesù nostro Signore che è risuscitato dai morti il primo giorno della settimana; infatti il primo giorno della settimana, che è il primo di tutti i giorni, viene chiamato l’ottavo se lo si conta di nuovo secondo l’ordine di tutti i giorni del ciclo settimanale, ma non cessa di restare il primo».[30]
Ė evidente che ci troviamo comunque di fronte a delle speculazioni senza alcun fondamento biblico. Infatti, da un attento studio delle Sacre Scritture si evince piuttosto che la risurrezione in se stessa presupponga lavoro piuttosto che riposo, almeno per due ragioni. «Primo, perché non segna la conclusione della missione terrena di Cristo, che si concluse il venerdì pomeriggio quando il Salvatore disse: “È compiuto” (Gv 19: 30), e poi si riposò durante il sabato nella tomba, ma è piuttosto l’inaugurazione del nuovo ministero di Cristo. Come il primo giorno della creazione così anche il primo giorno del nuovo ministero presuppone lavoro più che riposo. Secondo, le stesse parole dette dal Signore risorto contengono ordini non nel senso di «appartatevi e celebrate la mia risurrezione», ma piuttosto «andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea (Mt 28: 10; cfr. Mc 16: 7). «Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli …» (Mt 28: 19). «Va’ dai miei fratelli» (Gv 20: 17). «Pastura le mie pecorelle» (Gv 21: 17)».[31]
Il Nuovo Testamento non solo non offre alcun elemento per dire che i primi Cristiani trasgredissero il sabato, ma non attribuisce nessun significato liturgico o sacro al primo giorno della settimana, alla domenica.
Ad esempio, Giovanni 20:19-20,26, descrive le apparizioni di Gesù ai suoi discepoli la sera del primo giorno della settimana, poche ore dopo la risurrezione. Dal testo biblico si evince chiaramente che i discepoli erano riuniti non per motivo di culto, ma «a porte serrate, per paura dei giudei». Nel testo, dunque, non troviamo cenno alcuno che possa far credere ad una celebrazione liturgica. Al v. 26, il giorno della seconda apparizione, “otto giorni dopo”, non è qualificato in alcun modo e nulla si può dedurre sulla natura di quell’incontro.
«Tertulliano, ammette apertamente che non c’è nessun sostegno biblico per tale pratica.»[32] Sostiene però, in generale, che «Tu puoi sostenere l’osservanza anche di una tradizione non scritta che sia stabilita dal costume».[33] In altre parole, a suo parere, la pratica generalizzata della chiesa è sufficiente per stabilire qualcosa, anche se non vi sono elementi biblici che la sostengano.
A causa del legame oggi esistente per moltissimi cristiani tra pasqua, domenica e risurrezione, vale la pena di notare che, ai tempi del Nuovo Testamento, la festa della Pasqua non commemorava la risurrezione di Cristo. Secondo l’apostolo Paolo è il sacrificio di Cristo piuttosto che la sua risurrezione a essere esplicitamente associato alla Pasqua: «la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata» e quindi «celebriamo la festa» in ricordo del Cristo «immolato».[34]
Lo stesso significato della Pasqua si trova nei primi documenti orientali e occidentali che discutono la celebrazione di questa festività. Sulla scia di altri, Ireneo (175 d.C. circa) scriveva che Mosè «non ignorò il giorno della sua passione (di Cristo) e (lo) preannunziò figurativamente nominando la Pasqua…».[35]
La domenica e i sentimenti antigiudaici
Un fattore determinate che contribuì al cambiamento dal sabato alla domenica fu la crescita dei sentimenti antigiudaici nell’ambiente romano ed ecclesiastico.
Roma e il giudaismo
Gli ebrei si distinsero tra le altre nazioni dell’antichità per il loro inflessibile orgoglio nazionale. Tutti gli altri popoli, quando erano conquistati si sottomettevano sia psicologicamente sia religiosamente; soltanto gli ebrei conservano la fede nel Dio unico e sovrano. Essi rappresentarono un serio problema per l’Impero Romano. Nella prima fase, lo Stato Romano fu in generale tollerante ma quando, nel 66 d.C., gli ebrei si ribellarono, la situazione cambiò. Roma attuò varie misure repressive, militari, politiche, fiscali. Il sentimento nazionalista riacquistò comunque forza ed esplose nuovamente con la rivolta nel 132-135 d.C.
Sul piano politico, Vespasiano (69-70) abolì il sinedrio e l’ufficio del Sommo Sacerdote; più tardi Adriano considerò fuori legge la pratica del giudaesimo nel suo insieme e in particolare l’osservanza del sabato.[36] Sul piano fiscale i giudei erano soggetti a una tassa discriminatoria (il fiscus judaicus) che fu introdotta da Vespasiano e aumentata poi, prima da Domiziano (81-96)[37] e successivamente da Adriano (117-138).[38]
Roma Cristiana e il giudaesimo
A seguito di tali circostanze, e man mano che crescevano di numero, l’atteggiamento dei cristiani verso gli ebrei, divenne sempre più ostile. Si sviluppò una «teologia cristiana» caratterizzata dal disprezzo: gli ebrei vengono considerati «assassini del Signore». Nel suo Dialogo con il giudeo Trifone, l’apologista greco Giustino scrive a proposito dei giudei: «Voi avete ucciso il Giusto e prima di lui i suoi profeti, e ora cacciate quanti ripongono la loro speranza in lui e nel Dio onnipotente. Voi li disonorate per quanto potete, maledicendo i credenti in Cristo nelle vostre sinagoghe».[39]
Uno dei risultati di tale atteggiamento, nel tempo e soprattutto nella chiesa di Roma, fu la sostituzione o l’alterazione di alcune feste giudaiche, quali la Pasqua e il sabato, con la domenica pasquale e la domenica settimanale.
A tale proposito, Eusebio fa una dichiarazione significativa: «Tutte le cose che bisognava fare in giorno di sabato le abbiamo trasferite nel giorno del Signore, il che è più appropriato visto che esso ha la priorità e il primo posto, e che è più onorevole del sabato dei Giudei».[40]
Si arriva addirittura a considerare il sabato, non come giorno del Signore, memoriale della creazione, ma come segno di punizione per l’infedeltà d’Israele.[41]
Dal punto di vista sociale e liturgico, il sabato fu trasformato da un tradizionale giorno di festa e di gioia in un giorno di digiuno e di tristezza. E pertanto, non vi era permessa la celebrazione eucaristica poiché partecipare ai suoi simboli era considerato come interruzione del digiuno. L’influsso della chiesa di Roma nel proporre e nel sostenere il digiuno sabbatico è ben attestato dal vescovo Callisto (207-222), da Ippolito (170-236), dal vescovo Silvestro (314-333), da papa Innocenzo I (401-417), da Agostino (354-430) e da Giovanni Cassiano (360-435).[42]
Per contro la domenica diventa un giorno di festa, di gioia. «Digiunare o adorare in ginocchio di domenica lo riteniamo un’empietà»[43]; «Nel giorno del sole cerchiamo di vivere nella gioia»[44]; «Solo nel giorno della risurrezione del Signore, come ci è stato tramandato, dobbiamo non solo astenerci da questa pratica [piegare le ginocchia nella preghiera], ma anche da ogni comportamento che implichi ansia…».[45]
«Nel primo giorno dopo il sabato rallegratevi tutto il tempo; infatti è reo di peccato chiunque affligge la sua anima nel primo giorno dopo il sabato».[46]
Indubbiamente, tali affermazioni, oltre alla tristezza e alla fame derivanti dal digiuno, da una parte hanno spinto i cristiani a dissociarsi dai giudei e dalla loro osservanza del sabato, dall’altra li hanno incoraggiati a intraprendere con maggior desiderio e gioia l’osservanza della domenica.
La domenica consolidata
Proseguendo il nostro breve excursus sulla domenica, prendiamo atto che né Gesù, né gli Apostoli hanno osservato la domenica o lasciato comandamenti che ne indicassero l’osservanza. Essi sono rimasti fedeli all’istituzione sabbatica. Questo stato di cose si mantenne fino alla fine del primo secolo. All’inizio del secondo secolo, seguendo i costumi pagani, i cristiani pur continuando ad osservare il sabato, cominciano a fare festa la domenica[47] motivandola con la risurrezione di Gesù. Ma il vero motivo era il desiderio di non confondersi con gli Ebrei, ora osteggiati da Roma a causa della loro rivolta che ebbe il suo epilogo nel 135 d. C.
La fine del secondo secolo e l’inizio del terzo segnano un netto progresso della domenica ed un regresso del sabato. La festa del primo giorno, che ha un carattere essenzialmente diverso dal sabato, prima viene posta accanto ad esso ma poi tende a prenderne il posto. Con Tertulliano appare la prima testimonianza sulla proibizione di lavorare di domenica. Le concessioni e gli accomodamenti tra i cristiani e i pagani si moltiplicano. Si è già lontani dalle affermazioni scritturali.
Il terzo secolo nell’insieme è favorevole alla domenica. Nondimeno, la trasformazione è lenta e quasi insensibile. Soprattutto in Oriente l’osservanza del sabato persiste.[48] Il progressivo sostegno all’osservanza della domenica raggiunse il suo culmine nel quarto secolo con tre avvenimenti molto importanti:
- a) Il Concilio di Elvira, in Spagna all’inizio del IV secolo, quello che introdusse il celibato dei presbiteri, decreta: «se qualcuno, residente in una città non va in chiesa per tre domeniche consecutive, che sia escluso dai riti per qualche tempo affinché si veda che è in punizione».[49]
- b) L’imperatore Costantino, il 7 marzo del 321 d.C., emanò la prima legge civile sulla domenica. Vi si legge: «Nel venerabile giorno del sole si riposino i magistrati, gli abitanti delle città e tutti i laboratori siano chiusi. Nondimeno, in campagna, gli agricoltori potranno liberamente e legalmente continuare il loro lavoro, visto che, come spesso accade, un altro giorno non sempre è propizio per la semina o per la coltura della vite, e che, negligendo questi lavori a tempo opportuno, ne può derivare una perdita dei beni largiti dalla divinità».[50]
- c) Alcuni anni dopo, il Concilio di Laodicea, stabilì che «I Cristiani non devono giudaizzare né essere oziosi in giorno di Sabato ma, in questo giorno, devono lavorare. Al contrario, in qualità di cristiani, devono onorare la Domenica e astenersi, per quanto sia possibile, da ogni attività: Se persistono nel giudaizzare, siano dichiarati anatemi nel nome di Cristo».[51]
Verso la fine del IV sec. d.C. la legge del riposo domenicale viene riaffermata da diversi imperatori, quali, Valentiniano, Teodosio e Arcadio.[52] Ciò nonostante, il sabato, continua ad essere osservato da alcuni. Sozomeno, V sec., riferisce quanto segue: “Gli abitanti di Costantinopoli e di molte altre città si riuniscono tanto il Sabato quanto il primo giorno della settimana, costume che non viene mai seguito né a Roma né ad Alessandria”.[53]
Nel 423 d.C. e nel 428 d.C. l’imperatore Teodosio II emana severe leggi contro gli osservatori del sabato.[54] La domenica rimane giuridicamente l’unico giorno di riposo legittimo.
San Cesario di Arles nel VI secolo sostiene che i santi dottori della Chiesa avevano decretato che la gloria intera del sabato ebreo era stata trasferita alla domenica, e che i cristiani devono osservare la domenica nello stesso modo in cui agli ebrei era stato comandato di osservare il santo sabato.[55]
Nell’anno 829, il sinodo di Parigi conferma che «la domenica ha sostituito il sabato»[56] e il Concilio di Narbonne (1050 d.C.), riprendendo tutti i precedenti pronunciamenti, sancisce una tappa importante nel processo di abbandono del sabato in favore della domenica: «che ogni uomo, libero o servo, Goto, Romano, Siriano, Greco o Giudeo non compia alcun lavoro nel giorno del Signore».[57] Questo concilio, come scrive Raul Hilberg, segna una tappa tristemente fondamentale nella storia europea: è il concilio che accanto al divieto del lavoro domenicale promulgò numerose norme contro gli Ebrei. Per Hilberg, l’odio costruito contro gli Ebrei in quell’assise, farà da humus per l’odio razzista antisemita che poi avrebbe caratterizzato il nazismo.[58]
Conclusione
Da un punto di vista religioso, per la poca forza d’urto spirituale dei padri della chiesa[59] in rapporto agli eventi storici: persecuzioni, posizione nei confronti dei giudei e conversione dei pagani e della politica dei vari imperatori filo cristiani,[60] il mitraismo si ritrova nel cristianesimo nell’osservanza del primo giorno della settimana in sostituzione del sabato biblico, memoriale della creazione della redenzione.
Scrive, E. T. Hiscox, “…Studio da molti anni questo soggetto e, sinceramente nel Nuovo testamento, non c’è alcuna base scritturale del cambiamento del sabato, settimo giorno, al primo giorno della settimana … Mi sembra inspiegabile che Gesù, nelle conversazioni avute per tre anni con i discepoli, pur trattando spesso con loro la questione sabatica, discutendone i vari aspetti e liberandola da false interpretazioni (tradizioni giudaiche), non abbia mai accennato a un’eventuale modifica di questo giorno. Non annunciò niente in merito nemmeno nei quaranta giorni successivi alla sua resurrezione. E neppure lo Spirito di Dio, dato per ricordare loro tutte le cose dette da Gesù, ha mai trattato, per quanto ne sappiamo, questo problema. E sebbene gli apostoli ispirati predicassero l’Evangelo, fondassero chiese, consigliassero e istruissero i fedeli, non accennarono né parlarono mai di questo argomento. Ovviamente so benissimo che la domenica entrò a far parte della storia dei primi cristiani come giorno di devozione religiosa, come apprendiamo dai padri della Chiesa e da altre fonti, ma è un peccato che sia rimasta segnata dal marchio del paganesimo, battezzata nel nome del dio sole e poi adottata e santificata dall’apostasia papale e trasmessa come un sacro lascito al protestantesimo”.[61]
La conclusione che emerge dal nostro breve excursus, è «che l’adozione dell’osservanza della Domenica al posto del Sabato non si verificò a Gerusalemme nella chiesa apostolica per commemorare la risurrezione di Cristo, ma nella chiesa romana nella prima metà del secondo secolo, sollecitata da circostanze esterne. Una interrelazione di fattori politici, sociali, pagano-religiosi e cristiani – simili a quelli che diedero vita alla festa del 25 dicembre come nascita di Cristo – favorirono l’adozione della Domenica come nuovo giorno per il culto» […] e «la differenza quindi tra il Sabato settimo giorno e la Domenica non è una differenza di nomi o di numeri: è una differenza di autorità, di significato e di esperienza. Si tratta, infatti, della differenza tra una festa stabilita dall’uomo e il santo giorno stabilito da Dio. E’ la differenza fra un giorno trascorso cercando piaceri personali e un giorno trascorso servendo Dio e l’umanità. E’ la differenza tra un giorno di inquietudine e quella di un giorno di Riposo divino per l’inquietudine umana.»[62]
(Articolo pubblicato sul messaggero avventista)
Note:
[1] Il Nuovo Testamento non solo non offre alcun elemento per dire che i primi Cristiani trasgredissero il sabato, ma non attribuisce nessun significato al primo giorno della settimana, alla domenica.
[2] G. Gibbons, La Fede dei nostri padri, p. 89, Paoline, 1958. Vedi anche Perché siamo cattolici e non protestanti, Paoline, 1956.
[3] D.A. Carson, From Sabbath to Lord’s day: a biblical, historical and theological investigation, Zondorvan, Grand Rapids, Mich., 1982, p. 85.
[4] Paul Wells, «Le sabbat signe eschatologique», Revue Réformé, 1976, p. 140.
[5] Tommaso D’Aquino, Summa Teologica, II/2, domanda 122, art. 4, risposta all’obiezione 4.
[6] Dichiarazione del 18 gennaio 1562, nella 17.ma sessione del Concilio di Trento. In J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Paris-Leipzig, 1902, 33 coll. 539,530.
[7] Catechismo Tridentino, parte terza – il decalogo – 3° Ricordati di santificare le feste, 316 – Anno 1566.
[8] Catechismo della Chiesa Cattolica, 1993, par. 345, 246, 347, 348, 348. Cfr. par. 1166, 1167.
[9] Idem, par. 2168-2173, 2174-2176.
[10] Cit. da Jean Vuilleumier, Le jour du repos à travers les âges, Les signes des temps, Dammarie-les-Lys, 1936, p.142.
[11] Carlstadt in un opuscolo dal titolo, Del sabato e delle feste obbligatorie cit. in Vuilleumier, op. cit., p. 142. Vedi anche J. M. Martin, «Karlstadt le reformateur du second front», Mémoire di maîtrise, Parigi, giugno 1997.
[12] Jean Vuilleumier, op. cit., pp. 142,143.
[13] Cit. da Jean Vuilleumier, op. cit., p. 144.
[14] Id., p. 145.
[15] Confessione Luterana di Asburgo, art. XXVIII.
[16] Jean Cadier, Christianisme Sociale, 1973, p. 318.
[17] Convegno ecumenico su Il giorno del Risorto: vita per le Chiese e pace per il mondo, Bari, 26-29 Settembre 2004, relazione di P. Raniero Cantalamessa, «Il giorno del Signore: I discepoli gioirono al vedere il Signore», p. 13.
[18] At 2:41; 4:4;5,14; 6:1-7; 9:42; 12:24; 14:1; 17:10ss; 21:20.
[19] At 11:2; 15:1,5,23; 16:3; 21:22.
[20] At 18: 4,19; cfr. 13:5,14,42,44
[21] Eusebio, Storia ecclesiastica, libro 3, cap. 27,3; libro 4, cap. 5.
[22] Storia Ecclesiastica, libro 5, cap. 22.
[23] P. Giuseppe Piccino, «La celebrazione settimanale della Pasqua, punto di vista cattolico», in Convegno ecumenico su «Il giorno del Risorto: vita per le Chiese e pace per il mondo», Bari, 26-29 Settembre 2004.
[24] Epistola di Barnaba, XV, 8-9
[25] Giustino, Apologia I, 67, 3-7.
[26] Tertuliano, De idolatria, XIV.
[27] Origene, Omelie sull’Esodo, 7,5.
[28] Eusebio di Cesarea, Commento ai Salmi, 92 (91) «Salmo per il giorno di sabato».
[29] Ignazio di Antiochia, Lettera ai Magnesii, IX, 1,2
[30] Giustino, Dialogo con Trifone, 41, 4.
[31] Samuele Bacchiocchi, Riposo divino per l’inquietudine umana, Adv, Impruneta (Fi) 1983, p. 211.
[32] R. Rice, The Reign of God, Andrews University Press, Berrien Springs, Michigan, 1985, p. 363.
[33] Tertulliano, Sulle corone, 4.
[34] 1 Cor 5:7,8; cfr 1 Cor 11:23-27.
[35] Ireneo, Contro le eresie, IV, 10,1, Cantagalli, Siena 1984, vol. II, p. 35.
[36] Tra le varie testimonianze del Talmud sulla politica anti-giudaica di Adriano, citiamo la seguente: «il governo di Roma ha emanato un decreto secondo cui essi non devono studiare la Torah e non devono circoncidere i loro figli e devono profanare il Sabato» (Ros. Has. 19a in The Babylonian Talmud, trad. I. Epstein, 1938, vol. 13, p. 78).
[37] Secondo Svetonio (circa 70-122) il fiscus judaicus era riscosso per il tempio di Giove Capitolino anche da coloro che «senza aver pubblicamente riconosciuto quella fede vivevano come Giudei» (Domitianus, 12).
[38] Per Appiano, uno storico contemporaneo, i Giudei erano soggetti a quel tempo a una «tassa di elezione … più pesante di quella che era richiesta alle popolazioni circonvicine» (Storia romana, Le guerre siriache, 50). Per sottolineare la loro separazione dal giudaesimo e quindi evitare il pagamento di una tassa discriminatoria, i dirigenti della chiesa di Roma possono aver introdotto in questo periodo il culto domenicale al posto dell’osservanza sabatica «giudaica». Cit. da S. Bacchiocchi, op. cit., p. 280.
[39] Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 16, 4.
[40] Eusebio di Cesarea, Commento ai Salmi, 92 (91) «Salmo per il giorno di sabato».
[41] Giustino Martire, Dialogo con Trifone, 23,3; cfr. 29,3; 16, 1; 21, 1.
[42] Vedi S. Bacchiocchi, From Sabbath to Sunday, A Historical Investigation of the Rise of Sunday Observance in Early Christianity, The Pontifical Gregorian University Press, Roma 1997, pp. 189-192.
[43] Tertuliano, Sulle corone, 3,4.
[44] Idem., Alle genti, I,13,1.
[45] Idem., Sulla preghiera, 23,2.
[46] Didascalia, V, 20,11. Cit. da E. Lodi, Liturgia della Chiesa, Dehoniane, Bologna 1981, p. 1018.
[47] “Gli schiavi debbono lavorare cinque giorni, al sabato ed alla domenica debbono riposarsi a causa della dottrina della beatitudine divina nella Chiesa, poiché al sabato bisogna, come si è detto, guardare indietro alla creazione e nella domenica guardare alla risurrezione” – Costitutiones Apostolorum 8, 33.
[48] «Nella maggior parte delle chiese d’oriente e ad imitazione di quella di Milano si continuò ad osservare il sabato come la domenica, con delle assemblee religiose dove si predicava e dove si celebrava la comunione». Etienne Chastel, Histoire du Chritianisme, Vol II, p. 207. Eusebio racconta che «pressoché in tutto il mondo si celebrano i sacri servizi (come la cena del Signore) ogni settimana nel giorno di saturno (il sabato delle Scritture), [e aggiunge] i cristiani di Alessandria e di Roma seguendo loro tradizioni hanno cessato di fare questo». (Eusebio, Storia ecclesiastica, 5.22).
[49] Concilio di Elvira, 305-306 d. C. – Canone 21. Cit. in Catholic Encyclopedia, voce: «Sunday».
[50] Codex Justinianus, lib. 3, tit. 12.2.
[51] Concilio di Laodicea, Canone 29. Cit. in Catholic Encyclopedia, voce: «Sunday».
[52] Codex Justinianus, lib. 3, tit. 12, 6 (7).
[53] Sozomeno, Historia Ecclesiastica, libro 7 cap.19.
[54] Codex Theodosianus, 16,5,59 e 65.
[55] Cit. in Catholic Encyclopedia, voce: «Sunday».
[56] Sinodo di Parigi, can. 50.
[57] Concilio di Narbonne, can. 4.
[58] Raul Hilberg, La distruzione degli Ebrei d’Europa, Einaudi, Torino, 1995, pp. 7-9.
[59] I padri della chiesa, coloro che dovevano essere i custodi della verità, sono stati i primi a indurre i credenti ad adorare Dio nel giorno del sole. In Apologia I, Giustino ci svela chiaramente questo dato sconcertante quando scrive: «Il giorno detto del sole, tutti, in città e in campagna, si riuniscono in uno stesso luogo… poiché esso è il primo giorno in cui Dio trasformò l’oscurità e la materia primitiva e creò il mondo» (Apol. 1, 67,3). Cosi anche Tertuliano «Nel giorno del sole cerchiamo di vivere nella gioia….» (Sulle corone, 3,4). Cosi anche Eusebio di Cesarea, nel suo Commento ai Salmi, 92 (91).
[60] A proposito della politica di Costantino, Eusebio attribuisce questo commento al suo editto: «Io mi proponevo di ricondurre a un’unità l’opinione di tutti i popoli circa la divinità, e di rendere all’Impero, che mi sembra colpito da grandi mali, il suo vigore antico. Essendomi proposto questi due compiti, coltivano l’uno segretamente con pensiero, e cercavo di raggiungere l’altro con la forza delle armi. Io speravo che, se fossi riuscito a stabilire un accordo generale religioso, l’amministrazione degli affari pubblici se ne sarebbe avvantaggiata». Eusebio, Vita Constantini, II, 65, cit. da Panfilo Gentile, Storia del Cristianesimo, ed. Rizzoli, 1975, p.334. Queste parole meritano credito, perché il 7 marzo del 321, Costantino dispose che il giorno del sole fosse la festività imperiale.
[61] Dr. E. T. Hiscox, author of the “Baptist Manual”, report of his sermon at the Baptist Minister’s Convention, in “New York Examiner”, November 16, 1893.
[62] S. Bacchiocchi, op. cit., pp. 231, 232