«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?”. E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”. Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui straniero e non m’accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste”. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto aver fame, o sete, o essere straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo assistito?” Allora risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me”. Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna» (Mt 25:31-46).
1. L’enfasi biblica sulla certezza del giudizio
La certezza è più importante della modalità. La Bibbia non sottolinea la dinamica del giudizio finale, ma piuttosto la sua inevitabilità e la sua finalità. Per gli scrittori biblici la certezza del giudizio finale era molto più importante della modalità. Questa osservazione è applicabile ad altre verità bibliche come il secondo avvento e la resurrezione. Per esempio, nessun tentativo è fatto da Gesù o da gran parte degli scrittori del Nuovo Testamento per sottolineare la differenza tra la risurrezione dei credenti al momento della venuta di Cristo e la resurrezione degli empi alla fine del millennio.
Gesù parla de «l'ora» che viene «in cui tutti quelli che son nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio» (Giovanni 5:28-29). In questa dichiarazione Gesù presenta la resurrezione dei «buoni» e quella dei «malvagi» come se si verificassero contemporaneamente (vedere Matteo 25: 32; Luca 11:32). Tuttavia, Giovanni, nell'Apocalisse, distingue due risurrezioni, la prima si verifica all'inizio del millennio e la seconda dopo «che fossero compiti i mille anni» (Apocalisse 20:4-5).
Il fatto è più importante delle fasi. Ad una mente scientifica moderna, le due dichiarazioni appaiono in aperta contraddizione. Tuttavia, gli scrittori biblici non hanno alcuna difficoltà a conciliare le due dichiarazioni, poiché per essi la certezza era più importante della modalità della resurrezione. Infatti, molti riferimenti alla risurrezione citano il fatto piuttosto che le fasi o il modo in cui l'evento si sarebbe verificato.
Lo stesso principio si applica ai riferimenti biblici che riguardano il giudizio finale. In molti casi la preoccupazione è di sottolineare la certezza e la finalità dell'evento piuttosto che la sua dinamica. Tuttavia, come nel caso della risurrezione, così nel giudizio finale vi sono passi biblici che suggeriscono chiaramente una fase che precede e una che segue il giudizio finale. Uno studio di questi versetti offre una comprensione più completa della dinamica del giudizio finale.
2. Il giudizio che precede l’avvento nell’insegnamento di Gesù
Il concetto della ricompensa. Il concetto del giudizio che precede l'avvento, è un'idea sottolineata in molti insegnamenti di Gesù. Tale idea è suggerita anche da quei numerosi testi in cui i termini tecnici del giudizio non sono usati. Gesù parla spesso della ricompensa di Dio ricevuta o non concessa, il che sottintende un precedente giudizio di investigazione.
In Matteo 5 ogni beatitudine contiene una promessa di ricompensa (5:1-12). Inoltre, nel versetto 46, Gesù dice: «Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete?». La stessa idea si trova spesso nei capitoli seguenti e attraverso i vangeli: «Guardatevi dal praticare la vostra giustizia nel cospetto degli uomini per esser osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli» Matteo 6:1; vedere 6: 2, 4, 5, 16, 18; 10:41, 42; Marco 9:41; Luca 6:23, 35.
Il tempo delle retribuzioni. Il tempo per accordare le retribuzioni o la ricompensa è chiaramente indicato come il secondo avvento: «Perché il Figliuol dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo l'opera sua» Matteo 16:27; vedere 25:31-32. In questa ed altre simili dichiarazioni, il secondo avvento è percepito come il tempo della consegna delle ricompense o delle punizioni, e non della valutazione di ciò che ogni persona merita. In nessuna dichiarazione fatta da Gesù, viene fatto cenno a una tradizionale grande assise che sarà insediata al suo ritorno per investigare e determinare il destino di ogni persona vissuta.
Essendo il tempo della venuta di Cristo principalmente l'occasione per accordare retribuzioni o punizioni, possiamo ragionevolmente desumere. che il processo di valutazione che determina tale decisione, avvenga prima dell'avvento. Alcuni potrebbero obiettare che Dio non ha bisogno d'investigare le azioni e le attitudini di ognuno per determinare ciò che questi merita, poiché egli sa già tutto. C'è del vero in quest'idea, perché Dio ovviamente non ha bisogno di cercare informazioni sulle sue creature che già non abbia. Tuttavia, Gesù e altri scrittori biblici, parlano di un giudizio che investigherà non solo le azioni, ma anche le parole: «Or io vi dico che d'ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio» (Matteo 12:36).
Lo scopo di questa investigazione, come vedremo, non è quello di permettere a Dio di accertare la verità su ognuno, ma piuttosto di esporla, di rivelarla al suo universo morale. La nostra preoccupazione immediata, tuttavia, non è quella di comprendere lo scopo del giudizio investigativo di Dio quanto di riconoscere la sua realtà e la sua validità. Abbiamo già notato che un giudizio che precede l'avvento è previsto, poiché Cristo non torna a mettere in esecuzione un processo giuridico, ma a eseguire il giudizio che ha già avuto luogo.
Responsabilità umana. Il concetto di un giudizio che precede l'avvento è sottinteso nelle dichiarazioni di Cristo circa la responsabilità umana. Gesù disse che la nostra responsabilità non si limita alle azioni ma anche a «ogni parola oziosa» (Matteo 12:36). Paolo esprime lo stesso pensiero quando scrive che Dio «giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo» (Romani 2: 16). Una tale minuziosa indagine sulla condotta di miliardi di persone che hanno vissuto su questo pianeta, presuppone un processo giuridico che preceda l'avvento, perché, come abbiamo già visto, il giudizio dell'avvento è essenzialmente l'atto finale della sentenza o della separazione e non l'istituzione di un processo giuridico investigativo.
In alcune delle sue parabole, Cristo illustra il principio della responsabilità umana nel giudizio finale. In Matteo, ad esempio, dopo il discorso profetico, vi sono tre parabole che illustrano alcuni aspetti della responsabilità. Nella parabola delle dieci vergini l'enfasi è posta sulla responsabilità per la nostra preparazione spirituale (Matteo 25:1-13). Nella parabola dei talenti, la responsabilità riguarda l'amministrazione delle nostre risorse, come il tempo, il denaro, i talenti (Matteo 25:14-30). Nella parabola delle pecore e dei capri, la responsabilità riguarda il nostro impegno sociale nei confronti dei bisogni degli altri (Matteo 25:31-46).
Morti risorti già giudicati. Ovviamente la responsabilità di ogni essere umano è decisa prima che Cristo venga a chiamare «quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio» (Giovanni 5:28-29). La risurrezione per la vita o per la condanna rappresenta il giudizio esecutivo di Cristo il quale presuppone la fine del giudizio investigativo. In questo testo Cristo indica che le persone risusciteranno non per essere giudicate, ma come già giudicate. Se coloro che risusciteranno per la vita eterna o per la morte dovessero essere ancora giudicati, verrebbe a verificarsi una situazione assurda in cui i risultati del giudizio sarebbero notificati prima della convocazione del giudizio stesso.
La frase «risurrezione di giudizio» in realtà significa «risurrezione di condanna», poiché è in contrasto con la «risurrezione di vita». Quest'idea è chiaramente espressa nella versione del Nuovo Testamento detta Una Parola, una vita (Living Bible): «quelli che hanno agito bene, risorgeranno per avere la vita eterna, gli altri che hanno agito male, per essere condannati» (Giovanni 5: 29). Il giudizio che decide chi in realtà farà parte della «risurrezione di vita» e chi della «risurrezione di giudizio», deve ovviamente verificarsi prima della resurrezione stessa. Questo pensiero è espresso da Cristo in una conversazione con i Sadducei dicendo: «quelli che saranno reputati degni d'aver parte al secolo avvenire e alla resurrezione dei morti» (Luca 20:35).
Il concetto di separazione. Anche l'idea della separazione che si verificherà alla venuta di Cristo tra i salvati e i perduti presuppone un giudizio che precede l'avvento. Gesù descrive questa separazione dell'avvento in vari modi. Egli la paragona alla separazione che si effettua al momento della mietitura tra il grano e la zizzania. Da notare che ai mietitori sarà detto semplicemente: «Cogliete prima le zizzanie ... ma il grano, raccoglietelo» (Matteo 13:30). Non sarà necessario che essi si assicurino quale sia il grano e quale le zizzanie, poiché al tempo della mietitura la distinzione tra i due sarà già avvenuta.
Gesù illustra la separazione dell'avvento anche con la parabola del buono e del cattivo pesce. Nella parabola il compito degli angeli non è quello di determinare chi sono «i cattivi» o chi sono «i giusti», ma semplicemente di separare gli uni dagli altri (Matteo 13:49). È implicito che la determinazione della condizione di ognuno sia già avvenuta.
Un riferimento drammatico alla separazione al momento dell'avvento è presente nel discorso profetico, dove Gesù, parlando del giorno «della venuta del Figliuol dell'uomo» dice: «Allora due saranno nel campo; l'uno sarà preso e l'altro lasciato; due donne macineranno al mulino: l'una sarà presa e l'altra lasciata» (Matteo 24:40-41). L'improvvisa separazione tra i salvati e i perduti presuppone una determinazione antecedente dei loro rispettivi destini.
Le pecore e i capri. La separazione all'avvento è inoltre paragonata da Cristo a un pastore che «separa le pecore dai capri» ponendo le prime alla destra e i secondi alla sinistra (Matteo 25:32-33). Nello stesso modo Cristo dirà «a quelli della sua destra, Venite, ... ereditate il regno... a coloro della sinistra: andate via da me... nel fuoco eterno» (Matteo 25: 34, 41).
Alcuni hanno interpretato la descrizione della riunione di tutte le genti davanti a Cristo (Matteo 25: 32) come la rappresentazione del giudizio investigativo universale che si effettuerà al momento del ritorno di Cristo. La descrizione, comunque, contiene soltanto l'invito e la condanna (venite, andate) di Cristo con la rispettiva spiegazione («perché ebbi fame, e mi deste da mangiare» oppure «non mi deste da mangiare»), e non un'indagine su chi fece o chi non fece opere di misericordia. Si presuppone che il processo giuridico che ha portato a questa determinazione si sia già verificato.
L'abito delle nozze. Una valutazione del processo che precede l'avvento è anche espressa nella parabola di Cristo di «un re, il quale fece le nozze del suo figliuolo» (Matteo 22:2). Quando i primi invitati rifiutarono di venire alla festa di nozze, l'invito fu esteso a tutti coloro che fu possibile trovare «così la sala delle nozze fu ripiena di commensali» (vv. 3-10). Il re aveva affrontato grandi spese, non solo nell'estendere l'invito, ma anche, come era d'abitudine, nel fornire a ogni invitato un bellissimo abito da indossare per l'occasione. Ma il re, «entrato per vedere quelli che erano a tavola, notò quivi un uomo che non vestiva l'abito di nozze» (v. 11).
Evidentemente il re esaminò gl'invitati prima che la festa di nozze avesse inizio. In Apocalisse 19, la venuta di Cristo, è paragonata alle «nozze dell' Agnello» (vv. 7, 17). Il senso di quest'immagine suggerisce che la festa di nozze di Matteo 22 sia un riferimento alla celebrazione che accompagnerà la seconda venuta. La chiesa, la sposa di Cristo per fede (Efesini 5:32), attende, come nella parabola delle dieci vergini, la venuta del celeste sposo per celebrare la festa di nozze. Se questa interpretazione è giusta, allora l'esame fatto dal re agli inviati alle nozze prima della celebrazione della festa stessa rappresenterebbe un processo di valutazione che avrà luogo prima della venuta di Cristo.
Ellen White esprime questo concetto quando scrive «Nella parabola di Matteo 22 viene introdotta la stessa immagine delle nozze, e il giudizio investigativo è chiaramente rappresentato prima delle nozze. Prima della cerimonia il re viene a vedere gli ospiti per osservare se tutti sono attraenti nell'abito nuziale, l'abito immacolato del carattere lavato e sbiancato dal sangue dell'Agnello ... Quest'opera di esame del carattere per desumere chi è pronto per il regno di Dio, è quella del giudizio investigativo, l'opera finale del santuario celeste» [1]
Questa breve indagine indica che l'idea di un giudizio investigativo che precede l'avvento è un concetto sottolineato in molti insegnamenti di Gesù riguardanti il giudizio. Ogni argomento esaminato (ricompensa, responsabilità e separazione) presuppone un giudizio investigativo che precede l'avvento per determinare chi è «ritenuto meritevole» di prendere parte alla resurrezione per la vita e chi alla resurrezione per la condanna (Luca 20:35; Giovanni 5:28-29). Quest'idea del giudizio di valutazione che precede l'avvento è espressa implicitamente, come vedremo, dagli altri scrittori del Nuovo Testamento.
3. Il giudizio che precede l’avvento negli scritti di Paolo
Enfasi sulla certezza. Paolo, come Cristo, sottolinea la certezza e l'inevitabilità del giudizio finale, piuttosto che la sua dinamica. Egli scrive che «tutti compariranno davanti al tribunale di Dio... Così dunque ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio» (Romani 14:10; vedere 2 Corinzi 5:10; Atti 17:31).
Paolo non fornisce alcuna esplicita spiegazione sul tempo di questa «resa dei conti» universale davanti al trono del giudizio di Dio. Associa forse Paolo questo avvenimento universale con la venuta di Cristo? Se così fosse, egli omette d'indicarlo, specialmente nei suoi riferimenti al secondo avvento che egli descrive, come vedremo, come una riunione felice di credenti con il loro Signore e non come l'inaugurazione di un processo giuridico che esaminerà ogni persona vissuta.
La rivelazione presuppone l'investigazione. Il giudizio dell'avvento è visto da Paolo come l'apertura (1 Corinzi 4:5) o la rivelazione del giudizio di Dio piuttosto che come un processo giuridico investigativo. In Romani 2:5 egli lo descrive come il tempo «della rivelazione del giusto giudizio di Dio».[2] Questa rivelazione consisterà nell'atto esecutivo di Cristo di donare «vita eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore e immortalità; ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all'ingiustizia» (Romani 2:7-8).
Questa rivelazione del «giusto giudizio di Dio» presuppone un qualche processo investigativo preliminare che determini chi è degno di ricevere il dono della vita eterna e coloro invece che «saranno puniti di eterna distruzione, respinti dalla presenza del Signore» (2 Tessalonicesi 1:8-9).
I morti risuscitati già giudicati. La stessa deduzione può essere tratta dal riferimento di Paolo a Cristo «che ha da giudicare i vivi e i morti» (2 Timoteo 4:1; vedere 1 Pietro 4:5). La presenza personale degli imputati non è necessaria, poiché esiste un resoconto perfetto di ogni vita (Daniele 7:10; vedere Salmo 69:28; Malachia 3:16; Apocalisse 20:12), che fornisce tutte le evidenze necessarie alla corte celeste.
Se i morti sono giudicati mentre sono ancora morti, tale giudizio deve precedere il giudizio dell'avvento quando avviene la risurrezione a vita eterna o a morte eterna. Abbiamo visto in precedenza che le persone saranno risuscitate già giudicate. La posizione di ogni persona al momento della risurrezione costituirà la «rivelazione del giusto giudizio di Dio» (Romani 2:5). La rivelazione del giudizio di Dio al secondo avvento presuppone la fine del giudizio stesso prima dell'avvento.
Il giudizio precede l'apparizione di Cristo. Paolo, nel concludere la sua lettera a Timoteo, lo sfida a ricordare le tre cose vitali riguardanti Gesù: «Io te ne scongiuro nel cospetto di Dio e di Gesù Cristo che ha da giudicare i vivi e i morti, e per la sua apparizione e per il suo regno: predica la parola ... » (2 Timoteo 4:1-2).
William Barclay fa notare il significato dell'ordine sequenziale del mandato: 1. Il giudizio, 2. L'apparizione, 3. Il regno. Questa successione riflette la progressione logica che guida al compimento della storia della salvezza.[3] Il giudizio di Cristo sui vivi e i morti è seguito dalla sua apparizione e culminerà col suo regno eterno.
Una composizione in tre parti. Martin Dibelius e Hans Conzelman rivelano che il mandato di Paolo «va considerato quale formula, come in 1 Timoteo 5:21».[4] Anche in quest'ultimo mandato di Paolo a Timoteo ritroviamo tre elementi: «alla presenza di Dio (1) del Signor Gesù Cristo (2) e dei santi angeli (3) ...» (1 Timoteo 5:21). La somiglianza strutturale di questi due incarichi suggerisce per entrambi una composizione in tre parti.
Inoltre, essendo il mandato di Paolo a Timoteo espresso in una formula liturgica, presumibilmente rappresenta una credenza cristiana basilare. La formula liturgica esprime delle verità fondamentali della fede cristiana. In tal caso, la progressiva successione del giudizio di Cristo dei vivi e dei morti, la sua apparizione e il suo regno, rappresentano probabilmente la comprensione prevalente della successione degli eventi riguardanti il compimento della storia della salvezza.
Il secondo avvento esclude il giudizio investigativo. Fra tutti gli scrittori del Nuovo Testamento Paolo fornisce le più vivaci descrizioni informative del secondo avvento. La nostra comprensione della dinamica della venuta di Cristo e degli eventi a essa associati sarebbe molto incompleta se non avessimo le descrizioni di Paolo che riguardano questo avvenimento (1 Tessalonicesi 4:13:18; 2 Tessalonicesi 1:7-10; 1 Corinzi 15:51-58).
Le descrizioni di Paolo, tuttavia, escludono la possibilità di un giudizio investigativo universale costituito e diretto da Cristo alla sua seconda venuta. Ciò può essere dedotto dalla successione degli eventi dati da Paolo in 1 Tessalonicesi 4:
- Gloriosa discesa di Cristo dal cielo (v. 16).
- Resurrezione dei «morti in Cristo» (v. 16).
- Trasformazione dei credenti viventi (v. 17).
- Incontro dei credenti con il Signore (v. 17).
- Comunione eterna con il Signore (v. 17).
La descrizione più breve di 2 Tessalonicesi 1:7-10 fa riferimento soltanto all'immediato risultato della venuta di Cristo, cioè, «l'eterna distruzione» dei malvagi e la glorificazione dei «santi». Entrambe le descrizioni del secondo avvento non fanno alcun riferimento a un processo giuridico universale che si verificherà al momento del secondo avvento. La venuta di Cristo è seguita immediatamente non da un processo giuridico, ma dall'azione esecutrice di Cristo che risuscita /trasforma i credenti e distrugge i malvagi. Qualsiasi processo di investigazione e determinazione del destino di ogni uomo è già stato fatto prima della parusia.
Un diffuso concetto erroneo. Molti cristiani vedono erroneamente la risurrezione come il primo passo verso il giudizio finale. Quindi, il giudizio è considerato come un evento distinto dalla risurrezione e che si verifica susseguentemente. Questo non è l'insegnamento di Gesù, di Paolo o degli altri scrittori biblici che vedono la risurrezione a vita o a morte come la rivelazione e l'esecuzione (Giuda 15) del giusto giudizio di Dio.
A questo proposito J. A. Seiss fa giustamente notare che «La verità è che la risurrezione e i cambiamenti che si verificano "in un batter d'occhio" sui viventi, sono il frutto e la concretizzazione di un giudizio precedente. Sono conseguenze di sentenze già emesse».[5]
4. Il giudizio che precede l’avvento nel libro dell’Apocalisse
Centralità del giudizio. Il tema del giudizio è al centro del libro dell'Apocalisse. Il libro si apre con la visione di Cristo che esegue il giudizio finale sui malvagi; «Ecco, egli viene colle nuvole; ed ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno cordoglio per lui» (1:7). Essi mormorano perché Cristo è venuto a giudicare i loro cuori impenitenti. Il libro si chiude con la visione del giudizio davanti al gran trono bianco (20:11-15) e con la promessa «Ecco, io vengo tosto, e il mio premio è meco per rendere a ciascuno secondo che sarà l'opera sua» (22:12).
Le altre visioni sono in un certo senso una serie di giudizi. In primo luogo la chiesa è messa in guardia sul giudizio di Dio se non si pente (2:5, 16, 26; 3:3, 16, 21). Seguono una serie di giudizi per il mondo pagano. Iniziano con i sette suggelli (6-7), continuano con le sette trombe (8-14), le sette piaghe (15-16). Terminano con la descrizione del giudizio di Dio su Babilonia (17-18), la bestia e il falso profeta (19: 20), Satana (20:10) e tutti i malvagi vissuti (20:12-15). Si può notare un crescendo, dalla parzialità dei giudizi preliminari («la terza parte ...» - Ap 8:7, 8, 11; 9:15) alla totalità del giudizio finale («ogni essere vivente ...» - Ap 16: 3; «essi furono giudicati ...» - Ap 20:13).
Il tema del giudizio è al centro dell'Apocalisse perché rappresenta il metodo di Dio di porre fine all'opposizione del male verso se stesso e verso il suo popolo. I martiri che gridano per il giudizio (6:10) sono rassicurati che Dio presto li vendicherà. Quando, finalmente, stanno in piedi sul mare di vetro essi cantano: «O Signore Iddio Onnipotente; giuste e veraci sono le tue vie, ... poiché i tuoi giudizi sono stati manifestati» (15:3-4).
Le fasi del giudizio finale. L'enfasi sulla centralità e lo scopo del giudizio di Dio nell'Apocalisse mette in ombra la preoccupazione di differenziare le varie fasi: il giudizio che precede l'avvento, quello dell'avvento, e quello dopo l'avvento. Tuttavia queste distinzioni non sono completamente assenti. Ad esempio, è chiaramente detto che sarà dato «il potere di giudicare» a coloro che parteciperanno «alla prima risurrezione» (20:4, 6).
Evidentemente questa fase del giudizio è condotta dopo l'avvento poiché i suoi partecipanti hanno fatto parte della prima risurrezione al momento del ritorno di Cristo. Similmente, il giudizio davanti al grande trono bianco probabilmente si verifica dopo il secondo avvento, poiché si tiene davanti a Colui «dalla cui presenza fuggirono terra e cielo» (20:11) - una chiara allusione al secondo avvento (6:13-14). Il libro dell'Apocalisse riconosce, quindi, implicitamente, certe fasi distinte del giudizio finale.
La visione dell'Agnello. Il giudizio che precede l'avvento è presupposto in varie parti. La serie dei giudizi preliminari di cui abbiamo parlato anticipano e adombrano il giudizio finale. Un'allusione più specifica al giudizio che precede l'avvento può essere vista nella visione dell'Agnello che tiene il libro del destino umano, sigillato con sette suggelli (cap. 5). Questo libro, che contiene il destino completo del genere umano «scritto di dentro e di fuori» (5:1) resta al sicuro nella mano «destra» di Dio (5:1), come le sette stelle restano saldamente nella mano di Cristo (1:16).
Vi sono almeno tre ragioni per pensare che il libro sigillato possa rappresentare la decisione del giudizio divino riguardante il destino di ogni essere umano. Prima di tutto, il fatto che solo l'Agnello che è stato immolato merita di aprirlo (5:9) sottintende che il suo contenuto abbia a che fare con la decisione che riguarda la salvezza o la perdizione degli esseri umani. In secondo luogo, l'Apocalisse si riferisce molte volte «al libro della vita dell'Agnello, che è stato immolato» che si dice contenga «i nomi» dei redenti (13:8; 17:8; 21:27).
Infine, il solo libro che venga aperto nell'Apocalisse è «il libro della vita», durante il giudizio, davanti al gran trono bianco (20:11-12). È detto che «se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco» (20:15). La rimozione dei sigilli da parte dell'Agnello, che ha come risultato la manifestazione dei giudizi divini preliminari sul genere umano, sembra intesa a far aumentare l'atmosfera d'attesa interrotta dall'apertura del libro che rivela chi debba essere punito con «la morte seconda» (20:14).
Elementi giuridici della visione. Questa visione dell'Agnello che tiene il libro sigillato, tecnicamente parlando, non sembra una sessione giuridica. Tuttavia, indagando attentamente, la visione contiene alcuni chiari elementi giuridici. L'immagine dell'Agnello, ad esempio, che viene usata 29 volte nell'Apocalisse, come John A. Bollier fa notare, nel suo interessante studio su «Il giudizio nell'Apocalisse», è «il simbolo prevalente che rappresenta Cristo come Giudice».[6]
L'appellativo «Agnello» si alterna con «il leone della tribù di Giuda» (5: 5). Quindi la figura dell'Agnello rappresenta non tanto il mite e dolce aspetto di Cristo, quando la sua vittoria che è in grado di donargli autorità per giudicare. I malvagi temono «l'ira dell'Agnello» (6:16).
L'Agnello è circondato da creature viventi, anziani e «molti angeli ... e il loro numero era di miriadi di miriadi, e di migliaia di migliaia» (5:11). Questa visione richiama alla mente la scena del giudizio di Daniele 7 dove «mille migliaia lo servivano, e diecimila miriadi gli stavano davanti. Il giudizio si tenne, e i libri furono aperti» (Daniele 7:10).
Approvazione del giudizio. Nell'Apocalisse tuttavia, la moltitudine di esseri celesti non siedono in giudizio davanti ai libri aperti, ma piuttosto attribuiscono all'Agnello il diritto «di prendere il libro e d'aprirne i suggelli» (5: 9). Sono felici di permettere a Cristo di rivelare e proclamare il verdetto finale che riguarda i destini umani, perché sanno che «sei stato immolato» e « hai comprato a Dio, col tuo sangue, gente d'ogni tribù e lingua e popolo e nazione » (5: 9). Questi esseri celesti, nel riconoscere a Cristo il diritto di prendere il libro e rivelare il verdetto di Dio che riguarda i destini umani, tacitamente approvano il processo del giudizio che si è già verificato. La loro approvazione è determinata dalla comprensione di come la misericordia e la giustizia di Dio si siano manifestate attraverso l'Agnello che ha riscattato «gente d'ogni tribù e lingua e popolo e nazione» (5:9).
Questa rivendicazione della giustizia del governo di Dio, ha una funzione vitale che precede l'avvento e sarà oggetto di una successiva analisi. A questo punto si può concludere dicendo che la visione dell'Agnello che tiene il libro sigillato implica, in modo chiaro, un giudizio che precede l'avvento in cui gli esseri celesti esprimono la loro approvazione sul giudizio finale di Dio e sul diritto di Cristo di rivelare tale giudizio aprendo i sigilli.
L'annunzio del giudizio. Una descrizione più chiara del giudizio che precede l'avvento si trova in Apocalisse 14. Questo capitolo contiene tre visioni distinte, ognuna delle quali preceduta dalla frase: «Poi vidi, ... » (14:1, 6, 14). La prima visione rappresenta i 144.000 che cantano un canto di trionfo davanti al trono di Dio (14:3). Essi sono considerati le «primizie» dei redenti (14:4). Questa visione introduce le altre due, di cui la prima annunzia il giudizio di Dio (14:6-13) e la seconda descrive la sua esecuzione (14:14-20).
Lo scopo della visione introduttiva è di offrire ai credenti la certezza della vendetta divina nel giorno del giudizio. Alla luce di questo scenario la seguente proclamazione del giudizio di Dio non è un deterrente morale, ma risulta essere uno stimolo morale a vivere una vita non «contaminata», e «irreprensibile» (14:4-5), nell'attesa di seguire «l'Agnello dovunque vada» (14:4)
La seconda visione descrive tre angeli che volano in mezzo al cielo, proclamando tre messaggi di giudizio. Il primo angelo dichiara: «Temete Iddio e dategli gloria, perché l'ora del suo giudizio è venuta, e adorate colui che ha fatto il cielo e la terra e il mare e le fonti delle acque» (14:7). Il secondo angelo annunzia il giudizio di Dio su Babilonia (14:8) e il terzo mette in guardia le persone a proposito del giudizio di Dio su coloro che adorano la bestia e la sua immagine (14:9-11).
L'ultimo appello al pentimento. L'annuncio che «l'ora del suo giudizio è venuta» è considerato come «l'evangelo eterno» (14:6). Ciò significa che il tempo del giudizio che precede l'esecuzione del giudizio di Dio al ritorno di Cristo (terza visione - 14:14-20), non è un tempo senza prospettive, ma piuttosto è il tempo in cui Dio offre l'ultimo appello al pentimento. I giudizi che precedono l'avvento nell'Apocalisse, come giustamente dichiara John A. Bollier, «hanno lo scopo di educare, piuttosto che alimentare la vendetta o la ricompensa. Intendono portare la chiesa e il mondo al pentimento».[7]
Il calcolo del tempo del giudizio. L'annuncio che «l'ora del suo giudizio è venuta» è importante. Si verifica, come fa notare John A. Bollier, tra la fine delle prime due serie di giudizi (sette sigilli e sette trombe - capitoli 6 a 13) e l'inizio delle ultime serie di giudizi (le sette piaghe, la punizione di Babilonia, della bestia, del falso profeta, di Satana e dei malvagi - capitoli 15 a 20).[8] Ciò significa che il giudizio annunciato dal primo angelo inizia prima delle sette ultime piaghe e termina con la venuta di Cristo (16: 15).
Un'altra indicazione sulla natura di questo giudizio che precede l'avvento è costituita dal fatto che precede la terza visione dello stesso capitolo che descrive le due mietiture attuate da Cristo al suo ritorno. La prima è la mietitura del grano che rappresenta la raccolta dei giusti nel regno di Dio (14:14-16). La seconda è la vendemmia dell'uva che si riferisce all'ira di Dio manifestata nella condanna dei malvagi (14:17-20).
Il fatto che l'annuncio dell'inizio del giudizio venga pronunciato prima della venuta di Cristo per «la messe della terra» (14:15), suggerisce che questa sia la fase del giudizio finale che precede l'avvento. Questo è il tempo in cui non solo in cielo si esegue il giudizio di valutazione, ma è anche il tempo in cui l'ultimo appello di Dio al pentimento è proclamato in terra.
Cosi come nel tipico sistema levitico dieci giorni prima del giorno dell'espiazione, le trombe suonavano per chiamare il popolo a ravvedimento durante il giudizio che precedeva l'espiazione, nel servizio antitipico un angelo annuncia a gran voce che «l'ora del suo giudizio è venuta» e richiama gli uomini al pentimento e al culto di Dio durante il giudizio che precede l’avvento e prima della messe dell’avvento.
Nota:
Questo studio è stato tratto dal libro di Samuele Bacchiocchi, La speranza dell’avvento, cap. XIV, ed. ADV, Falciani (FI), 1987.
[1] E. G. White, Il gran conflitto, ed. ADV, Falciani, 1977, p. 313.
[2] Il corsivo è nostro
[3] W. Barclay, The Letters to Timothy, Titus and Philemon, Philadelphia, 1960, pp. 232-234.
[4] M. Dibelius e H. Conzelman, The pastoral Epistles, Philadelphia, 1972, p. 120.
[5] J. A. Seiss, The Apocaliypse, Philadelphia, n.d., p.18.
[6] John A. Bollier, «Judgement in the Apocalypse», in Interpretation, Gennaio 1953, p. 18.
[7] Ibid, p. 20.
[8] Ibid, p. 22.