“Dio concede a tutti i membri della sua chiesa, indipendentemente dall’epoca in cui vivono, i doni spirituali che ognuno deve utilizzare in un servizio motivato dall’amore, per il bene comune della chiesa e dell’umanità. Donati dallo Spirito Santo, che li distribuisce «a ciascuno in particolare come egli vuole», i doni assicurano quelle capacità e quella vocazione necessarie alla chiesa per l’esercizio delle funzioni stabilite da Dio. Secondo le Scritture, questi doni sono: la fede, la guarigione, la profezia, la predicazione, l’insegnamento, l’amministrazione, la comprensione, la riconciliazione, il servizio altruistico e la bontà per aiutare e incoraggiare le persone. Alcuni membri sono chiamati da Dio e ricevono i doni dello Spirito per esercitare le funzioni riconosciute dalla chiesa nel ministero pastorale, evangelistico, apostolico e nell’insegnamento. Queste funzioni sono molto importanti per preparare i membri al servizio, per aiutare la chiesa a crescere verso il raggiungimento della maturità spirituale, per promuovere l’unità della fede e la conoscenza di Dio. Quando i membri usano questi doni spirituali «come buoni amministratori della svariata grazia di Dio», la chiesa è protetta dagli influssi distruttivi delle false dottrine, si sviluppa grazie all’intervento di Dio e si rafforza nella fede e nell’amore” (cfr. Rm 12:4-8; 1 Cor 12:9-11,27,28; Ef 4:8,11-16; At 6:1-7; 1 Tm 2:1-3; 1 Pt 4:10,11).
Le parole che Gesù pronuncia prima della sua ascensione al cielo avrebbero cambiato il mondo. «Andate per tutto il mondo», ordina ai suoi discepoli, e «predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16:15). In tutto il mondo? A ogni creatura? I discepoli l’avranno considerato un compito impossibile. Cristo, comprendendo che essi si sentano indifesi, li esorta a non lasciare Gerusalemme «ma di attendere l’attuazione della promessa del Padre». Poi, li rassicura dicendo: «Riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra» (At 1:4,8). Dopo che Gesù sale al cielo i discepoli trascorrono in preghiera molto tempo insieme. Armonia e umiltà prendono il posto di discordia e gelosia, difetti che avevano segnato molto il tempo trascorso insieme a Gesù. I discepoli erano convertiti.
La comunione e l’unione personale con Cristo costituiscono la preparazione necessaria per ricevere l’unzione dello Spirito Santo. Come Gesù ha ricevuto una speciale unzione dello Spirito che lo ha reso idoneo a svolgere il suo ministero (10:38), così anche i discepoli ricevono il battesimo dello Spirito Santo (1:5), che li rende capaci di testimoniare. I risultati sono entusiasmanti. Il giorno della Pentecoste ben tremila persone sono battezzate (2:41).
I DONI DELLO SPIRITO SANTO
Cristo illustra i doni dello Spirito Santo con una parabola: «Avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì» (Mt 25:14,15). Il datore di lavoro che intraprende un viaggio per una terra lontana rappresenta Cristo che lascia il cielo per venire sulla terra. I «suoi servi» sono i suoi discepoli, «comprati a caro prezzo» (1 Cor 6:20), «con il prezioso sangue di Cristo» (1 Pt 1:19). Egli li ha redenti per il servizio, e loro non vivono «più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (2 Cor 5:15).
Cristo dona a ciascun discepolo dei beni secondo le loro capacità individuali: «A ciascuno il proprio compito» (Mc 13:34). Questi doni, insieme ad altre benedizioni e capacità (cfr. cap. 21, p. 270), rappresentano i doni speciali che vengono distribuiti dallo Spirito.1 In modo particolare, alla Pentecoste, Cristo elargisce questi doni alla sua chiesa. «Salito in alto», dice Paolo, «ha fatto dei doni agli uomini». Così, «a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4:7,8). Lo Spirito Santo è l’agente che distribuisce «a ciascuno in particolare come vuole» (1 Cor 12:11), i doni che rendono la chiesa capace di svolgere il compito assegnatole.
LO SCOPO DEI DONI SPIRITUALI
Lo Spirito Santo dà capacità speciali a ogni credente per renderlo capace di servire la chiesa nel compimento della sua missione divina.
L’armonia nella chiesa. La chiesa di Corinto non manca di alcun dono spirituale (1 Cor 1:4-7). Ma purtroppo i suoi membri si scontrano come bambini su quale dono sia il più importante. A proposito delle divisioni in seno alla loro chiesa, Paolo scrive ai corinti circa la vera natura di questi doni e su come devono essere utilizzati. I doni spirituali, spiega, sono doni di grazia. Dal medesimo Spirito provengono «diversità di doni» che convergono in «diversità di ministeri» e in «diversità di operazioni». Ma, è il «medesimo Dio», sottolinea, che «opera tutte le cose in tutti» (1 Cor 12:4-6, ND).
Lo Spirito distribuisce i doni a ogni credente per l’edificazione o per la crescita della chiesa. Secondo le necessità dell’opera del Signore, lo Spirito sceglie quali doni distribuire e a chi. Non tutti ricevono gli stessi doni. Paolo afferma che lo Spirito accorda a un individuo saggezza, a un altro conoscenza, a un altro fede, a un altro capacità di fare miracoli, a un altro profezia, a un altro discernimento degli spiriti, a un altro le lingue, a un altro l’interpretazione delle lingue, «ma tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole» (v. 11).
Il beneficio che deriva dall’esercizio di un dono nella chiesa dovrebbe suscitare un senso di gratitudine verso Dio, colui che dona, e non verso la persona che lo esercita. E poiché i doni sono al servizio della chiesa, e non del singolo individuo, colui che li riceve non dovrebbe considerarli proprietà privata. Poiché lo Spirito distribuisce i doni come meglio crede, nessun dono deve essere disprezzato o poco valorizzato. Nessun membro di chiesa ha il diritto di mostrarsi arrogante per la sua particolare posizione o funzione, come nessun membro deve sentirsi inferiore perché ha ricevuto un dono più umile.
01. Modello organico. Paolo usa la metafora del corpo umano per illustrare l’armonia della diversità dei doni. Il corpo ha molte parti e ogni membro contribuisce in modo unico. «Ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto» (v. 18). Nessun organo del corpo dovrebbe dire all’altro: «Non ho bisogno di te». Tutti sono dipendenti l’uno dall’altro e «le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava» (vv. 21-24).
Quando una parte del nostro corpo si indebolisce tutto il corpo ne risente. Se al corpo manca il cervello, lo stomaco non funzionerà; e se mancasse lo stomaco, il cervello sarebbe inutile. Allo stesso modo la chiesa soffre quando un suo componente viene meno, per quanto possa essere esiguo il suo contributo. Le parti del corpo che sono strutturalmente più deboli hanno bisogno di una maggiore protezione. Possiamo sopravvivere senza una mano o una gamba, ma non senza il fegato, il cuore o i polmoni. In genere esponiamo il viso e le mani, ma copriamo altre parti del corpo con abiti adeguati con intenti di modestia e di decenza. Al posto di sottovalutare i doni più piccoli, dovremmo tenerli in seria considerazione perché il benessere della chiesa dipende proprio da essi.
Dio vuole che la ripartizione dei doni spirituali in chiesa impedisca «la divisione nel corpo» e produca invece uno spirito di armonia e di interdipendenza, così che «se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui» (vv. 25,26). Dunque, quando un credente soffre, l’intera chiesa dovrebbe esserne informata e cooperare per alleviare tale sofferenza. Solo quando questa persona si sarà ristabilita, la chiesa ritrova la sua vitalità. Dopo aver discusso il valore di ciascun dono, Paolo ne elenca alcuni: «Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue » (v. 28; cfr. Ef 4:11). Poiché nessun membro possiede tutti i doni, incoraggia ognuno a desiderare «ardentemente i doni maggiori» (v. 31), facendo riferimento a quelli più utili alla chiesa.2
02. Dimensione indispensabile. I doni dello Spirito Santo, tuttavia, non sono sufficienti da soli. C’è «una via, che è la via per eccellenza» (v. 31). Mentre i doni dello Spirito al ritorno di Cristo scompariranno, il frutto dello
Spirito è eterno. Esso consiste nell’eterna virtù dell’amore e della pace, della bontà e della giustizia che l’amore porta con sé (cfr. Gal 5:22,23; Ef 5:9). Mentre il dono di profezia, quello delle lingue e della conoscenza spariranno, la fede, la speranza e l’amore sono per sempre. E «il più grande di essi è l’amore» (1 Cor 13:13).3
L’amore (in greco agape) che Dio offre è pronto al sacrificio di sé e a donarsi completamente. È «l’amore più nobile, quello che riconosce il valore della persona o dell’oggetto che è amato; l’amore che si basa sul principio, non sull’emozione; e che proviene dal rispetto per le ammirabili qualità del suo oggetto».4 I doni privi d’amore causano confusione e divisione nella chiesa. La via per eccellenza, perciò, è quella per cui ogni individuo che possiede doni spirituali deve possedere anche questo amore totalmente altruistico. «Desiderate ardentemente l’amore, non tralasciando però di ricercare i doni spirituali» (1 Cor 14:1).
Vivere alla gloria di Dio. Paolo parla dei doni spirituali anche nella sua lettera ai Romani. Volendo esortare ogni credente a vivere per la gloria di Dio (Rm 11:36-12:2), utilizza la metafora delle membra del corpo per illustrare la diversità nell’unità che caratterizza i credenti uniti nella chiesa (v. 3-6). Riconoscendo che sia la fede sia i doni spirituali hanno la loro fonte nella grazia di Dio, i membri devono mantenere uno spirito di umiltà. Maggiori sono i doni elargiti a un credente, maggiore è il suo influsso spirituale, più profonda dovrà essere la sua dipendenza da Dio.
In questo capitolo Paolo fa una lista di possibili doni: la profezia (dichiarazioni ispirate, proclamazione), il ministero (servizio), l’insegnamento, l’esortazione (incoraggiamento), il dare (condivisione), la direzione, la misericordia (compassione). Come avviene in 1 Corinzi 12, l’apostolo termina le sue argomentazioni sottolineando il principio più grande per il cristianesimo, e cioè l’amore (v. 9). Pietro, invece, prende in considerazione l’argomento dei doni spirituali concentrandosi sul secondo avvento: «La fine di tutte le cose è vicina» (1 Pt 4:7). L’urgenza dei tempi impone ai credenti l’uso dei doni con il massimo impegno. Li esorta dicendo: «Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (v. 10, ND). Come Paolo, anche Pietro insegna che i carismi non sono donati per la propria esaltazione, ma «affinché in ogni cosa sia glorificato Dio» (v. 11). Anch’egli associa l’amore ai doni (v. 8).
La crescita della chiesa. Nella terza e ultima riflessione di Paolo sui doni spirituali, l’apostolo si rivolge ai credenti dicendo: «Vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace» (Ef 4:1-3).
I doni spirituali contribuiscono a promuovere un’unità capace di suscitare la crescita della chiesa. Ogni credente ha ricevuto «grazia… secondo la misura del dono di Cristo» (v. 7). Cristo stesso «ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo» (vv. 11-13). Coloro che hanno ricevuto i doni spirituali sanno che dovranno metterli al servizio dei credenti e per la formazione nei vari tipi di ministero. Ciò edificherà la chiesa e la farà maturare fino a raggiungere la perfetta statura di Cristo.
Questi carismi accrescono la stabilità spirituale e rafforzano le difese della chiesa contro le false dottrine, in modo che i credenti non siano «più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (v. 14,15). Infine, in Cristo, i doni spirituali apportano unità e prosperità alla chiesa. «Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore» (v. 16). Per far sì che la chiesa sperimenti la crescita che Dio desidera per essa, ciascuno dei suoi membri deve utilizzare i doni di grazia da lui stesso ricevuti. Così, la chiesa sperimenterà una duplice crescita: quella numerica e quella dei doni spirituali individuali. Ribadiamo che l’amore è parte integrante di questa chiamata: la chiesa può edificare se stessa e crescere solo utilizzando questi doni nell’amore.
LE IMPLICAZIONI DEI DONI SPIRITUALI
Un ministero comune. Nelle Scritture non troviamo nessuna prova per sostenere l’idea secondo cui i ministri devono lavorare alacremente mentre i membri possano semplicemente scaldare le panche aspettando di essere nutriti. La chiesa, il «popolo che Dio si è acquistato» (1 Pt 2:9), è formata sia da pastori sia da laici. Insieme sono responsabili del benessere della chiesa e della sua prosperità. Tutti sono chiamati a lavorare insieme, ciascuno secondo il suo dono speciale dato da Cristo. La diversità dei doni produce una varietà di ministeri o di servizi, che fusi insieme nella testimonianza, allargano il regno di Dio e preparano il mondo a incontrare il Salvatore (Mt 28:18-20; Ap 14:6-12).
Il ruolo dei ministri di culto. La dottrina dei doni spirituali assegna ai pastori la responsabilità di formare la congregazione. Dio ha predisposto apostoli, profeti, evangelisti, pastori e insegnanti per formare il suo popolo al servizio. «I pastori non dovrebbero svolgere i compiti che spettano alla chiesa, affaticandosi e impedendo agli altri di compiere il loro dovere. Dovrebbero insegnare ai membri come lavorare nella chiesa e nella comunità».5
Il pastore che non ha il dono dell’insegnamento, indispensabile per la formazione dei membri, non dovrebbe dedicarsi al ministero pastorale ma scegliere un’altra area in cui essere utile per l’opera del Signore.6 Il successo del piano di Dio per la chiesa dipende dalla disponibilità e dall’abilità dei suoi pastori a formare i membri all’utilizzo dei doni che Dio ha loro affidato.
I doni e la missione. Dio elargisce i doni spirituali per il beneficio dell’intero corpo, e non semplicemente per gli individui che li ricevono. E, come il singolo non riceve il dono per trattenerlo per sé, così anche la chiesa non riceve la totalità dei doni per se stessa. Dio assegna i doni alla comunità dei credenti per prepararla a svolgere la missione che lui le ha assegnato nel mondo.
I doni spirituali non sono dei premi per un lavoro ben fatto; al contrario, essi sono gli strumenti per compiere un’opera buona. Lo Spirito generalmente elargisce doni spirituali a una persona compatibilmente con i talenti naturali; ciò nonostante, i talenti non sono i doni spirituali. La nuova nascita è un prerequisito fondamentale affinché lo Spirito possa rivestire di potenza un credente. Dobbiamo essere nati di nuovo per poter ricevere i carismi spirituali.
Unità nella diversità, non uniformità. Alcuni cristiani cercano di trasformare i credenti in una copia di loro stessi. Questo è un piano umano, non divino. Il fatto che la chiesa rimanga unita nonostante la diversità dei doni spirituali, sottolinea che i doni sono per natura stessa complementari. Ciò indica che il progresso della chiesa di Dio dipende da ogni singolo membro. Dio desidera che tutti i doni, tutti i ministeri e tutte le operazioni all’interno della chiesa agiscano insieme per l’edificazione della chiesa sulle fondamenta poste dalla chiesa apostolica. In Cristo Gesù, la pietra angolare, «l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore» (Ef 2:21).
La testimonianza come scopo dei doni. I credenti ricevono una diversità di doni: ciò indica che ognuno ha un ministero personalizzato. Eppure ogni credente dovrebbe, pur in modo diverso, testimoniare della sua fede, condividere il suo credo e raccontare agli altri ciò che Dio ha compiuto nella sua vita. Lo scopo di Dio nel concedere i doni, qualunque essi siano, è quello di rendere efficace la nostra testimonianza.
Rifiutarsi di utilizzare i doni spirituali. I credenti che rifiutano di impiegare i doni spirituali presto scopriranno che non solo questi si atrofizzano con il tempo, ma anche che mettono a rischio la loro vita eterna. Con solennità e amorevole preoccupazione, Gesù mette in guardia il servo che, secondo la parabola dei talenti, non mette a frutto il capitale ricevuto; egli non è altro che un «malvagio e un fannullone» che rigetta il premio eterno (Mt 25:26-30).7
Il servo infedele deve ammettere che la sua mancanza è stata deliberata e premeditata. Egli subisce così l’amara conseguenza del proprio fallimento. «Nel grande giorno del giudizio coloro che si sono lasciati andare alla deriva, scansando le opportunità e sfuggendo alle responsabilità, saranno classificati dal grande Giudice insieme ai malfattori».8
SCOPRIRE I DONI SPIRITUALI
I membri devono saper riconoscere i doni ricevuti per essere coinvolti con successo nella missione della chiesa. I doni funzionano come una bussola; dirigono chi li riceve verso il servizio e la gioia di una vita abbondante (Gv 10:10). Fino a quando noi «decidiamo (o semplicemente rifiutiamo) di non riconoscere, di non sviluppare, e di non esercitare i nostri doni, la chiesa sarà meno di quello che potrebbe essere. Sicuramente, meno di ciò che Dio vorrebbe per essa».9 Il processo che porta a scoprire i propri doni spirituali10 dovrebbe essere caratterizzato dalle seguenti tappe.
Preparazione spirituale. Gli apostoli pregano ardentemente affinché siano resi capaci di testimoniare e predicare in modo da condurre altri peccatori a Cristo. Mettono da parte i dissensi e i desideri di supremazia che li avrebbero potuto dividere. La confessione dei peccati e il sincero pentimento, li conducono a stabilire una personale relazione con Cristo. Anche oggi, coloro che appartengono a Cristo hanno bisogno di sperimentare una simile comunione per essere pronti a ricevere il battesimo dello Spirito Santo. Il battesimo dello Spirito non è un evento singolo e irripetibile, ma qualcosa che possiamo sperimentare ogni giorno.1
Dobbiamo implorare il Signore per questo battesimo, poiché esso dà alla chiesa la potenza di testimoniare e di proclamare il Vangelo. Consegniamo ogni giorno la nostra vita a Dio, dimoriamo completamente in Cristo e chiediamogli la saggezza di scoprire i suoi doni (Gc 1:5).
Studio delle Scritture. Lo studio in preghiera di ciò che il Nuovo Testamento insegna circa i doni spirituali, permette allo Spirito Santo di trasmettere alla nostra mente il ministero specifico che Dio ha stabilito per noi. È fondamentale avere la certezza che Dio ci abbia dato almeno un dono da utilizzare al suo servizio.
Aperti alla provvidenza. Non dobbiamo pensare di poter strumentalizzare lo Spirito; è lo Spirito che vuole servirsi di noi, poiché è Dio che opera nel suo popolo «il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo» (Fil 2:13). È un privilegio contribuire all’opera che la provvidenza di Dio ci presenta, in qualsiasi campo. Dobbiamo però dare a Dio l’opportunità di sollecitare gli altri affinché richiedano la nostra collaborazione. Dobbiamo essere pronti a rispondere alle necessità della chiesa quando esse si presentano. Non dobbiamo avere paura di sperimentare nuovi percorsi, ma dobbiamo anche sentirci liberi di parlare dei nostri talenti e delle nostre esperienze a coloro che fanno appello al nostro aiuto.
Trovare conferma nel corpo. Poiché Dio elargisce questi doni per edificare la sua chiesa, dovremmo aspettarci che la conferma definitiva dei nostri doni provenga dalla valutazione del corpo di Cristo e non dalla nostra percezione. Spesso è molto più difficile riconoscere i propri doni che quelli degli altri. Dunque, è importante non solo essere disposti ad ascoltare quello che gli altri hanno da dirci a proposito dei nostri doni, ma anche riconoscere e riconfermare i doni che Dio ha dato agli altri. Niente è più entusiasmante e ricco di soddisfazione, quanto sapere di occupare la posizione, il ministero o il servizio che la provvidenza divina ha stabilito per noi.
Quale benedizione ne deriva per noi allorquando utilizziamo al suo servizio i doni speciali che Cristo ci ha donati tramite lo Spirito Santo! Cristo desidera ardentemente condividere i doni della sua grazia. Non ci resta, allora, che accettare oggi stesso il suo invito e scoprire ciò che i suoi doni possono realizzare quando la nostra vita è ripiena dello Spirito!
NOTE
1 Cfr. Ellen G. WHITE, Parole di vita, Edizioni ADV, Impruneta, 1990, pp. 223,224. Non si può sempre distinguere facilmente tra le abilità naturali, ereditate e acquisite. In coloro che sono sotto il controllo dello Spirito i talenti e i doni sembrano frequentemente fusi insieme.
2 Cfr. R. HAMMILL, «Spiritual Gifts in the Church Today», Ministry, luglio 1982, pp. 15,16.
3 Nel senso più ampio, l’amore è un dono di Dio, poiché tutte le cose buone vengono da lui (Gv 1:17). È il frutto dello Spirito (Gal 5:22), ma non un dono spirituale nel senso che lo Spirito Santo lo ha distribuito ad alcuni credenti e non a tutti. Ogni individuo deve desiderare «ardentemente l’amore» (1 Cor 14:1).
4 SDA Bible Commentary, ed. riv., vol. 6, p. 778.
5 Ellen G. WHITE, «Appeals for Our Missions», in Historical Sketches of the Foreign Missions of the Seventh-day Adventists, Imprimerie Polyglotte, Basel, Switzerland, 1886, p. 291. Cfr. R.D. EDWARDS,A New Frontier - Every believer a Minister, Pacific Press, Mountain View, 1979, pp. 58-73.
6 Cfr. J.D. NEWMANN, «Seminar in Spiritual Gifts», Manoscritto non pubblicato, p. 3.
7 Sulla serietà di questa condizione, cfr. Ellen G. WHITE, «Home Discipline», Review and Herald, 13 giugno 1882, p. 1.
8 SDA Bible Commentary, ed. riv., vol. 5, p. 511.
9 D. JACOBSEN, «What Spiritual Gifts Mean to Me», Adventist Review, 25 dicembre, 1986, p. 12.
10 Cfr. R.C. NADEN, Discovering Your Spiritual Gifts, Institute of Church Ministry, Berrien Springs, 1982; M.A. FINLEY, The Way to Adventist Church Growth, Concerned Communications, Siloam Springs, AR, 1982; C.P. WAGNER, Your Spiritual Gifts Can Help
Your Church Grow, Regal Books, Glendale, 1979.
11 Cfr. Ellen G. WHITE, Gli uomini che vinsero un impero, pp. 32,33; Ellen G. WHITE, Counsels to Parents, Teachers and Students, Pacific Press, Mountain View, 1943, p. 131.
Nota: Questo studio è stato tratto da: LA CONFESSIONE DI FEDE DEGLI AVVENTISTI DEL 7° GIORNO “Le 28 verità bibliche Fondamentali”, edizioni AdV, 2010 - Firenze