La «Charta Oecumenica»

Introduzione

La Charta OEcumenica è stata firmata a Strasburgo il 22 aprile 2001, nel corso di un incontro ecumenico che ha riunito responsabili di chiese e di organizzazioni giovanili di tutta Europa. Ho partecipato a questo incontro e ho apprezzato molto l’ecumenismo europeo: in effetti il clima ecumenico di molti paesi europei è più avanzato di quello italiano. Non è un caso che il testo base della Charta OEcumenica sia stato redatto
in tedesco.

La Germania e la Svizzera (dove hanno sede sia la KEK sia il Consiglio delle conferenze episcopali cattoliche) sono il centro dell’ecumenismo europeo, paesi in cui non esistono maggioranze religiose ma dove tutte le chiese sono minoranze, più o meno consistenti. Ciò spinge a confrontarsi continuamente con l’altro a tutti i livelli. I paesi dove esiste una confessione dominante (cattolica al Sud, protestante al Nord, ortodossa all’Est) sono molto meno interessati all’incontro di persone, ma semmai ad una «diplomazia» di alti vertici delle chiese.

Strasburgo non è stato un incontro di massa, come Basilea o Graz, è stata un’occasione per incontrare molte figure autorevoli del cristianesimo europeo (in particolare dell’episcopato cattolico, data la coincidenza con la riunione plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali). Ma la presenza di un buon numero di giovani ha un po’ sconvolto lo schema «verticistico». Anche i giovani erano espressione di organizzazioni ecclesiastiche ma la loro presenza a tutti i tavoli di discussione non ha permesso un sistema di bilanciamenti che talora congela gli incontri ecumenici.

La Charta OEcumenica è un documento certamente positivo. Si tratta del frutto di compromessi tra posizioni diverse; ma credo che rinviarlo ancora, in attesa del meglio, avrebbe significato confessare che le tre grandi «famiglie» cristiane europee non hanno nulla da dire insieme. Invece con la Charta OEcumenica hanno detto una serie di cose importantissime: hanno riconosciuto insieme il diritto di libertà religiosa dei singoli e delle altre confessioni, anche delle cosiddette «sette»; hanno insieme ripudiato il nazionalismo e il razzismo; hanno insieme riconosciuto che uno speciale rapporto comunitario li lega agli ebrei e contemporaneamente hanno «aperto» all’Islam.

Si tratta di affermazioni fondamentali; e a Strasburgo ho potuto verificare che talune di queste affermazioni sono tutt’altro che pacifiche all’interno di molte chiese. Per cui la Charta OEcumenica è una grande sfida per il futuro e non solo la registrazione di cose su cui l’accordo c’è da tempo. L’Italia è certo uno di quei paesi in cui l’ecumenismo non è l’interesse fondamentale delle chiese. La chiesa cattolica, ce lo siamo sentiti ribadire anche in coincidenza con l’incontro di Strasburgo, continua a ritenere di rappresentare tutto il cristianesimo italiano e che quindi il dialogo con le altre chiese cristiane conti poco. Le altre chiese cristiane italiane hanno un naturale atteggiamento difensivo: è importante non «appiattirsi» sulla chiesa maggioritaria. Io spero che la Carta ecumenica possa importare in Italia un clima più europeo.

L’Europa unita non ha una religione dominante: è in questo senso come la Svizzera o la Germania. Credo che parlare in tutte le sedi della Carta ecumenica possa essere un buon contributo al dialogo tra le chiese italiane, ma anche a rendere più europei tutti i nostri concittadini, anche quelli che non si riconoscono in nessuna chiesa cristiana.

Gianni Long

Ex presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia «Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!». In quanto Conferenza delle chiese europee (KEK) e Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) siamo fermamente determinati, nello spirito del messaggio scaturito dalle due Assemblee ecumeniche europee di Basilea 1989 e di Graz 1997, a mantenere e a sviluppare ulteriormente la comunione che è cresciuta tra noi. Ringraziamo il nostro Dio trino che, mediante lo Spirito Santo, conduce i nostri passi verso una comunione sempre più intensa.

Si sono già affermate svariate forme di collaborazione ecumenica, ma fedeli alla preghiera di Cristo: «Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato» (Gv 17:21), non possiamo ritenerci appagati dell’attuale stato di cose. Coscienti della nostra colpa e pronti alla conversione dobbiamo impegnarci a superare le divisioni che esistono ancora tra noi, in modo da annunciare insieme, in modo credibile, il messaggio del Vangelo tra i popoli. Nel comune ascolto della parola di Dio contenuta nella Scrittura e chiamati a confessare la nostra fede comune e parimenti ad agire insieme in conformità alla verità che abbiamo riconosciuto, noi vogliamo rendere testimonianza dell’amore e della speranza per tutti gli esseri umani.

Nel nostro continente europeo, dall’Atlantico agli Urali, da Capo Nord al Mediterraneo, oggi più che mai caratterizzato da un pluralismo culturale, noi vogliamo impegnarci con il Vangelo per la dignità della persona umana, creata a immagine di Dio e contribuire insieme come chiese alla riconciliazione dei popoli e delle culture. Così accogliamo questa Charta come impegno comune al dialogo e alla collaborazione. Essa descrive fondamentali compiti ecumenici e ne fa derivare una serie di linee guida e di impegni. Essa deve promuovere, a tutti i livelli della vita delle chiese, una cultura ecumenica del dialogo e della collaborazione
e creare a tal fine un criterio vincolante.

Essa non riveste tuttavia alcun carattere dogmatico-magisteriale o giuridico-ecclesiale. La sua normatività consiste piuttosto nell’autobbligazione da parte delle chiese e delle organizzazioni ecumeniche europee. Queste possono, sulla base di questo testo, formulare nel loro contesto proprie integrazioni e orientamenti
comuni che tengano concretamente conto delle proprie specifiche sfide e dei doveri che ne scaturiscono.

I. Crediamo «La chiesa una, santa, cattolica (universale) e apostolica»

«Cercate di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4:3-6).

1. Chiamati insieme all’unità della fede

In conformità al Vangelo di Gesù Cristo, come ci è testimoniato nella Sacra Scrittura ed è formulato nella Confessione ecumenica di fede di Nicea-Costantinopoli (381), crediamo al Dio Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Dal momento che, con questo Credo, professiamo la Chiesa «una, santa, cattolica (universale) e apostolica», il nostro ineludibile compito ecumenico consiste nel rendere visibile questa unità, che è sempre dono di Dio. Differenze essenziali sul piano della fede impediscono ancora l’unità visibile.
Sussistono concezioni differenti soprattutto a proposito della Chiesa e della sua unità, dei sacramenti e dei ministeri. Non ci è concesso rassegnarci a questa situazione. Gesù Cristo ci ha rivelato sulla croce il suo amore e il segreto della riconciliazione: alla sua sequela vogliamo fare tutto il possibile per superare i problemi e gli ostacoli, che ancora dividono le chiese. Ci impegniamo:

  • a seguire l’esortazione apostolica all’unità come dall’epistola agli Efesini (Ef 4:3-6) e a impegnarci con perseveranza a raggiungere una comprensione comune del messaggio salvifico di Cristo contenuto nel Vangelo;
  • a operare, nella forza dello Spirito Santo, per l’unità visibile della chiesa di Gesù Cristo nell’unica fede, che trova la sua espressione nel reciproco riconoscimento del battesimo e nella condivisione eucaristica, nonché nella testimonianza e nel servizio comune.

II. In cammino verso l’unità visibile delle Chiese in Europa

«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13:35)

1. Annunciare insieme il Vangelo

Il compito più importante delle chiese in Europa è quello di annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l’azione, per la salvezza di tutti gli esseri umani. Di fronte alla multiforme mancanza di riferimenti, all’allontanamento dai valori cristiani, ma anche alla variegata ricerca di senso, le cristiane e i cristiani sono particolarmente sollecitati a testimoniare la propria fede. A tal fine occorrono, al livello locale delle comunità, un accresciuto impegno e uno scambio di esperienze sul piano della catechesi e della pastorale.
Al tempo stesso è importante che l’intero popolo di Dio si impegni a diffondere insieme l’Evangelo all’interno dello spazio pubblico della società, e a conferirgli valore e credibilità anche attraverso l’impegno sociale e l’assunzione di responsabilità nel politico. Ci impegniamo:

  • a far conoscere alle altre chiese le nostre iniziative per l’evangelizzazione e a raggiungere intese in proposito, per evitare in tal modo una dannosa concorrenza ed il pericolo di nuove divisioni;
  • a riconoscere che ogni essere umano può scegliere, liberamente e secondo coscienza, la propria appartenenza religiosa ed ecclesiale. Nessuno può essere indotto alla conversione attraverso pressioni morali o incentivi materiali.

Al tempo stesso a nessuno può essere impedita una conversione che sia conseguenza di una libera scelta.

2. Andare l’uno incontro all’altro

Nello spirito del Vangelo dobbiamo rielaborare insieme la storia delle chiese cristiane, che è caratterizzata oltre che da molte buone esperienze, anche da divisioni, inimicizie e addirittura da scontri bellici. La colpa umana, la mancanza di amore, e la frequente strumentalizzazione della fede e delle chiese in vista di interessi politici hanno gravemente nociuto alla credibilità della testimonianza cristiana.

L’ecumenismo, per le cristiane e i cristiani, inizia con il rinnovamento dei cuori e con la disponibilità alla penitenza e alla conversione. Constatiamo che la riconciliazione è già cresciuta nell’ambito del movimento ecumenico.

È importante riconoscere i doni spirituali delle diverse tradizioni cristiane, imparare gli uni dagli altri e accogliere i doni gli uni degli altri. Per un ulteriore sviluppo dell’ecumenismo è particolarmente auspicabile coinvolgere le esperienze e le aspettative dei giovani e promuovere con forza la loro partecipazione e collaborazione. Ci impegniamo:

  • a superare l’autosufficienza e a mettere da parte i pregiudizi, a ricercare l’incontro reciproco e ad essere gli uni per gli altri;
  • a promuovere l’apertura ecumenica e la collaborazione nel campo dell’educazione cristiana, nella formazione teologica iniziale e permanente, come pure nell’ambito della ricerca.

3. Operare insieme

L’ecumenismo si esprime già in molteplici forme di azione comune. Numerose cristiane e cristiani di chiese differenti vivono e operano insieme, come amici, vicini, sul lavoro e nell’ambito della propria famiglia. In particolare, le coppie interconfessionali devono essere aiutate a vivere l’ecumenismo nel quotidiano.

Raccomandiamo di creare e di sostenere a livello locale, regionale, nazionale e internazionale organismi finalizzati alla cooperazione ecumenica a carattere bilaterale e multilaterale. A livello europeo è necessario rafforzare la collaborazione tra la Conferenza delle chiese europee (KEK) e il Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) e realizzare ulteriori assemblee ecumeniche europee. In caso di conflitti tra chiese occorre avviare e sostenere sforzi di mediazione e di pace. Ci impegniamo:

  • a operare insieme, a tutti i livelli della vita ecclesiale, laddove ne esistano i presupposti e ciò non sia impedito da motivi di fede o da finalità di maggiore importanza;
  • a difendere i diritti delle minoranze e ad aiutare a sgombrare il campo da equivoci e pregiudizi tra le chiese maggioritarie e minoritarie nei nostri paesi.

4. Pregare insieme

L’ecumenismo vive del fatto che noi ascoltiamo insieme la parola di Dio e lasciamo che lo Spirito Santo operi in noi e attraverso di noi. In forza della grazia in tal modo ricevuta esistono oggi molteplici sforzi, attraverso preghiere e celebrazioni, tesi ad approfondire la comunione spirituale tra le chiese, e a pregare per l’unità visibile della chiesa di Cristo. Un segno particolarmente doloroso della divisione ancora esistente tra molte chiese cristiane è la mancanza della condivisione eucaristica.

In alcune chiese esistono riserve rispetto alla preghiera ecumenica in comune. Tuttavia, numerose celebrazioni ecumeniche, canti e preghiere comuni, in particolare il Padre Nostro, caratterizzano la nostra spiritualità cristiana. Ci impegniamo:

  • a pregare gli uni per gli altri e per l’unità dei cristiani;
  • a imparare a conoscere e ad apprezzare le celebrazioni e le altre forme di vita spirituale delle altre chiese;
  • a muoverci in direzione dell’obbiettivo della condivisione eucaristica.

5. Proseguire i dialoghi

La nostra comune appartenenza fondata in Cristo ha un significato più fondamentale delle nostre differenze in campo teologico ed etico. Esiste una pluralità che è dono e arricchimento, ma esistono anche contrasti sulla dottrina, sulle questioni etiche e sulle norme di diritto ecclesiastico che hanno invece condotto a rotture tra le chiese; un ruolo decisivo in tal senso è stato spesso giocato anche da specifiche
circostanze storiche e da differenti tradizioni culturali.

Al fine di approfondire la comunione ecumenica, occorre assolutamente proseguire negli sforzi tesi al raggiungimento di un consenso di fede. Senza unità nella fede non esiste piena comunione ecclesiale. Non c’è alcuna alternativa al dialogo. Ci impegniamo:

  • a proseguire coscienziosamente e con intensità il dialogo tra le nostre chiese ai diversi livelli ecclesiali e a verificare quali risultati del dialogo possano e debbano essere dichiarati in forma vincolante dalle autorità ecclesiastiche.
  • a ricercare il dialogo sui temi controversi, in particolare su questioni di fede e di etica sulle quali incombe il rischio della divisione, e a dibattere insieme tali problemi alla luce del Vangelo.

III. La nostra comune responsabilità in Europa

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5:9).

1. Contribuire a plasmare l’Europa

Nel corso dei secoli si è sviluppata un’Europa caratterizzata sul piano religioso e culturale prevalentemente dal cristianesimo. Nel contempo, a causa delle deficienze dei cristiani, si è diffuso molto male in Europa e al di là dei suoi confini. Confessiamo la nostra corresponsabilità in tale colpa e ne chiediamo perdono a Dio e alle persone.

La nostra fede ci aiuta a imparare dal passato e a impegnarci affinché la fede cristiana e l’amore del prossimo irraggino speranza per la morale e l’etica, per l’educazione e la cultura, per la politica e l’economia in Europa e nel mondo intero.

Le chiese promuovono una unificazione del continente europeo. Non si può raggiungere l’unità in forma duratura senza valori comuni. Siamo persuasi che l’eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l’Europa. Sul fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per un’Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà. Insistiamo sul rispetto per la vita, sul valore del matrimonio e della famiglia, sull’opzione prioritaria per i poveri, sulla disponibilità al perdono e in
ogni caso sulla misericordia.

In quanto chiese e comunità internazionali dobbiamo contrastare il pericolo che l’Europa si sviluppi in un Ovest integrato e un Est disintegrato. Anche il divario Nord-Sud deve essere tenuto in conto. Occorre evitare ogni forma di eurocentrismo e rafforzare la responsabilità dell’Europa nei confronti dell’intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il mondo. Ci impegniamo:

  • a intenderci tra noi sui contenuti e gli obbiettivi della nostra responsabilità sociale e a sostenere il più possibile insieme le istanze e la concezione delle chiese di fronte alle istituzioni civili europee;
  • a difendere i valori fondamentali contro tutti gli attacchi;
  • a resistere a ogni tentativo di strumentalizzare la religione e la chiesa a fini etnici o nazionalistici.

2. Riconciliare popoli e culture

Noi consideriamo come una ricchezza dell’Europa la molteplicità delle tradizioni regionali, nazionali, culturali e religiose. Di fronte ai numerosi conflitti è compito delle chiese assumersi congiuntamente il servizio della riconciliazione anche per i popoli e le culture. Sappiamo che la pace tra le chiese costituisce un presupposto altrettanto importante.

I nostri sforzi comuni sono diretti alla valutazione e alla risoluzione dei problemi politici e sociali nello spirito del Vangelo. Dal momento che noi valorizziamo la persona e la dignità di ognuno in quanto immagine di Dio, ci impegniamo per l’assoluta eguaglianza di valore di ogni essere umano. In quanto chiese vogliamo promuovere insieme il processo di democratizzazione in Europa. Ci impegniamo per un ordine pacifico, fondato sulla soluzione non violenta dei conflitti. Condanniamo ogni forma di violenza contro gli
esseri umani, soprattutto contro le donne ed i bambini.

Riconciliazione significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli e in particolare superare l’abisso che separa il ricco dal povero, come pure la disoccupazione. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa. Ci impegniamo:

  • a contrastare ogni forma di nazionalismo che conduca all’oppressione di altri popoli e di minoranze nazionali e a ricercare una soluzione nonviolenta dei conflitti;
  • a migliorare e a rafforzare la condizione e la parità di diritti delle donne in tutte le sfere della vita e a promuovere la giusta comunione tra donne e uomini in seno alla chiesa e alla società.

3. Salvaguardare il creato

Credendo all’amore di Dio creatore, riconosciamo con gratitudine il dono del creato, il valore e la bellezza della natura. Guardiamo tuttavia con apprensione al fatto che i beni della terra vengono sfruttati senza tener conto del loro valore intrinseco, senza considerazione per la loro limitatezza e senza riguardo per il bene delle generazioni future.

Vogliamo impegnarci insieme per realizzare condizioni sostenibili di vita per l’intero creato. Consci della nostra responsabilità di fronte a Dio, dobbiamo far valere e sviluppare ulteriormente criteri comuni per determinare ciò che è illecito sul piano etico, anche se è realizzabile sotto il profilo scientifico e tecnologico. In ogni caso la dignità unica di ogni essere umano deve avere il primato nei confronti di ciò che è tecnicamente realizzabile.

Raccomandiamo l’istituzione da parte delle chiese europee di una giornata ecumenica di preghiera per la salvaguardia del creato. Ci impegniamo:

  • a sviluppare ulteriormente uno stile di vita nel quale, in contrapposizione al dominio della logica economica e alla costrizione al consumo, accordiamo valore a una qualità di vita responsabile e sostenibile;
  • a sostenere le organizzazioni ambientali delle chiese e le reti ecumeniche che si assumono una responsabilità per la salvaguardia della creazione.

4. Approfondire la comunione con l’ebraismo

Una speciale comunione ci lega al popolo di Israele, con il quale Dio ha stipulato una eterna alleanza. Sappiamo nella fede che le nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei «sono amati [da Dio], a causa dei Padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11:28-29). Essi posseggono «l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne…» (Rm 9:4-5).

Noi deploriamo e condanniamo tutte le manifestazioni di antisemitismo, i «pogrom», le persecuzioni. Per l’antigiudaismo in ambito cristiano chiediamo a Dio il perdono e alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ebrei il dono della riconciliazione.

È urgente e necessario far prendere coscienza, nell’annuncio e nell’insegnamento, nella dottrina e nella vita delle nostre chiese, del profondo legame esistente tra la fede cristiana e l’ebraismo e sostenere la collaborazione tra cristiani ed ebrei. Ci impegniamo:

  • a contrastare tutte le forme di antisemitismo e antigiudaismo nella chiesa e nella società;
  • a cercare e intensificare a tutti i livelli il dialogo con le nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei.

5. Curare le relazioni con l’Islam

Da secoli i musulmani vivono in Europa. In alcuni paesi essi rappresentano forti minoranze. Per questo motivo ci sono stati e ci sono molti contatti positivi e buoni rapporti di vicinato tra musulmani e cristiani ma anche, da entrambe le parti, grossolane riserve e pregiudizi, che risalgono a dolorose esperienze vissute nel corso della storia e nel recente passato.

Vogliamo intensificare a tutti i livelli l’incontro tra cristiani e musulmani e il dialogo cristiano-islamico. Raccomandiamo in particolare di riflettere insieme sul tema della fede nel Dio unico e di chiarire la comprensione dei diritti umani. Ci impegniamo:

  • a incontrare i musulmani con atteggiamento di stima;
  • a operare insieme ai musulmani su tematiche di comune interesse.

6. L’incontro con altre religioni e visioni del mondo

La pluralità di convinzioni religiose, di visioni del mondo e di forme di vita è divenuta un tratto caratterizzante la cultura europea. Si diffondono religioni orientali e nuove comunità religiose, suscitando anche l’interesse di molti cristiani.

Ci sono inoltre sempre più uomini e donne che rigettano la fede cristiana, si rapportano ad essa con indifferenza o seguono altre visioni del mondo. Vogliamo prendere sul serio le questioni critiche che ci vengono rivolte, e sforzarci di instaurare un confronto leale. Occorre in proposito discernere le comunità con le quali si devono ricercare dialoghi ed incontri da quelle di fronte alle quali, in un’ottica cristiana, occorre invece cautelarsi. Ci impegniamo:

  • a riconoscere la libertà religiosa e di coscienza delle persone e delle comunità e a fare in modo che esse, individualmente e comunitariamente, in privato e in pubblico, possano praticare la propria religione o visione del mondo, nel rispetto del diritto vigente;
  • a essere aperti al dialogo con tutte le persone di buona volontà, a perseguire con esse scopi comuni e a testimoniare loro la fede cristiana.

Gesù Cristo, Signore della chiesa «una», è la nostra più grande speranza di riconciliazione e di pace. Nel suo nome vogliamo proseguire in Europa il nostro cammino insieme. Dio ci assista con il suo Santo Spirito! «Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15:13).

In qualità di presidenti della Conferenza delle chiese europee (KEK) e del Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) noi raccomandiamo questa Charta OEcumenica quale testo base per tutte le chiese e Conferenze episcopali d’Europa affinché venga recepita e adeguata allo specifico contesto di ciascuna di esse.

Con questa raccomandazione sottoscriviamo la Charta OEcumenica nel contesto dell’Incontro ecumenico europeo, che si svolge la prima domenica dopo la Pasqua comune dell’anno 2001.

Strasburgo, 22 aprile 2001
Metropolita Jérémie, presidente KEK (Conferenza chiese d’Europa) card. Miloslav Vlk, presidente CCEE (Consiglio conferenze episcopali d’Europa)


Tratto da: Gli ecumenismi del XX secolo, Ed. ADV, Firenze, 2007.